La maggioranza si ricompatta e punta ad affrontare subito lo scoglio della mozione di sfiducia presentata dal centrodestra. È quanto hanno concordato ieri i rappresentanti dei partiti di maggioranza riuniti in videoconferenza per discutere della crisi interna al centrosinistra, a partire dai numeri risicati dopo le dimissioni dell’ex assessore Alessandro Delli Noci.
L’intesa
Pd, Azione, Con e Per la Puglia, hanno firmato un sorta di “patto di non belligeranza” per superare le criticità, per esempio i ripetuti flop in aula per mancanza di numeri, finalizzato a garantire un finale di legislatura dignitoso. Da qui l’ipotesi di calendarizzare a stretto giro le prossime sedute del Consiglio regionale con la prima già in programma il 30 giugno o, in alternativa il 4 luglio, onde evitare le concomitanti defezioni annunciate fra i consiglieri di maggioranza, in primis il presidente della Commissione Sanità Mauro Vizzino. Tuttavia l’ultima parola spetterà alla conferenza dei capigruppo in programma oggi con le minoranze.
La sfiducia
Stando alle riflessioni della riunione il nodo della sfiducia sarebbe già superato. La garanzia è arrivata dai Cinque Stelle, l’ago della bilancio della votazione, con i quattro consiglieri pentastellati che ieri hanno annunciato il voto di astensione sulla sfiducia. Da un lato per non prestare il fianco alla spallata del centrodestra, dall’altro per tenere in piedi l’ipotesi del campo largo alle prossime regionali. La linea è emersa dopo un vertice in videoconferenza tenuto nei giorni scorsi con i vertici di partito, in primis il presidente Giuseppe Conte.
E così la maggioranza potrà respingere agevolmente la mozione dei gruppi di centrodestra contando su 24 voti (26 sono quelli necessari per approvarla) e facendo persino a meno del consigliere tarantino Massimiliano Stellato dato fra gli incerti.
Le riforme
Oltre a bocciare la sfiducia si guarda anche all’approvazione della riforma del terzo settore e all’abrogazione della norma “anti-sindaci” (dimissioni sei mesi prima delle regionali per i sindaci intenzionati a candidarsi) tornando alla vecchia formulazione che prevede l’abbandono dell’incarico un mese prima all’indizione dei comizi elettorali: un colpo di spugna al comma “anti-Decaro”, che da mesi divide la maggioranza, votato nell’ultimo bilancio atteso il 9 luglio dal vaglio della Corte Costituzionale.
La stilettata
A proposito del candidato governatore in pectore Antonio Decaro, ieri il presidente Emiliano è intervenuto sulle perplessità («Mi sta passando la voglia») esternate a più riprese nelle ultime settimane dal vicepresidente della Commissione europea Ambiente. A Emiliano è stato chiesto se fosse disponibile a fare un passo indietro rispetto all’annuncio di volersi ricandidare come consigliere regionale, stante la contrarietà di Decaro che, dal canto suo, vorrebbe marcare un segnale di discontinuità, governando «senza tutori», così come ha detto pubblicamente.
«Sinceramente non mi pare che la candidatura di qualcuno a suo favore possa essere un problema per il candidato – ha replicato a muso duro Emiliano – Sarebbe un problema psicologico, non so che altro. Noi ci candidiamo per farlo eleggere, quindi non vedo quale problema ci possa essere». Uno “schiaffo” inatteso che non lascia spazio a interpretazioni e rispedisce al mittente, l’ex sindaco di Bari, l’onere della scelta.
