Dalla volata finale, al punto sul momento del Bari e sulle prospettive della squadra biancorossa. Temi oggetto dell’intervista a Giorgio Perinetti. Romano doc, 74 anni, con una lunga esperienza alle spalle di dirigente sportivo, compresa la felice parentesi di Bari, culminata con il ritorno in A dei Galletti e un campionato da record nella massima serie.
Serie B al rush finale, si decide tutto in 40 giorni.
«È un cliché tipico. Lo dimostra la storia degli ultimi 3 anni, quando il maggior numero delle posizioni di classifica e dei verdetti sono stati decisi nella parte finale. È un torneo imprevedibile. Credo che anche il campionato 24-25 non sfugga a questa regola».
Sassuolo virtualmente già in A, secondo pass invece ancora in bilico?
«Quella degli emiliani è l’unica certezza che abbiamo. Pisa e Spezia se la stanno giocando, bisogna vedere chi manterrà i nervi più saldi».
Dalla quarta posizione inizia invece un altro campionato.
«È così, c’è più equilibrio. Vediamo il Palermo, che forse rappresenta la delusione più grande, considerando il suo organico di primissimo ordine. Il Bari è in lotta insieme ad altre squadre che stanno cercando di ottenere un piazzamento ai playoff».
Veniamo ai biancorossi: che ruolo possono ritagliarsi in questo finale?
«Longo è riuscito a dare una certa stabilità, ma purtroppo senza quei picchi che in B possono portare a posizioni più interessanti. Adesso dovrà spingere per arrivare in serenità ai playoff e poi vedere come giocarseli».
Serve però un salto di qualità…
«Il Bari non ha un attacco prolifico. Sono stati presi tanti attaccanti, mezze punte, ma è sempre mancato il bomber, l’uomo che determina, come successo allo Spezia con Pio Esposito. Manca il marcatore seriale. Lo stesso Lasagna è più un giocatore di completamento. Spetterà al tecnico cercare alternative per dare maggiore impulso alla fase offensiva».
L’attacco è deficitario sin dall’avvio del torneo, si può aspirare al ‘paradiso’ con il 14° rendimento offensivo?
«Non è semplice, perché una volta che arrivi ai playoff devi vincere le gare, non puoi amministrarle. Hai bisogno di più aggressività. Tuttavia parliamo di un mini campionato a parte, dove l’ambiente, il San Nicola, la tifoseria possono rappresentare una spinta maggiore per osare e affondare».
Il Bari è da promozione diretta nei primi tempi, da retrocessione invece sei secondi: si è dato una spiegazione?
«Ci sono stati tanti cambiamenti. Un nuovo allenatore, una discreta rosa. Il rendimento è stato abbastanza costante, ma sono mancate le vittorie, in casa e anche fuori. La disabitudine ai 3 punti ha relegato il Bari ad una posizione di classifica lontana dalle prime».
Qual è il suo giudizio su Longo?
«È un allenatore preparato, serio, sempre positivo. Credo che stia facendo il suo, ciò che è mancato è il rendimento offensivo. Una questione di scelte. Probabilmente i calciatori che sono arrivati non hanno offerto il rendimento sperato. Non c’è stato il ‘killer’ seriale».
Squadra costruita sui trequartisti, che però non giocano. È un paradosso o un fattore figlio di errori?
«A questo mi riferivo quando parlavo di scelte. Siamo finiti a giocare con Bellomo e una punta. Qualcosa non ha funzionato nel mixing dei giocatori scelti in attacco. Molti hanno disatteso le aspettative, nell’essere più propositivi, nel computo degli assist e dei gol».
A Bari il futuro resta un’incognita. Con le attuali condizioni societarie e con una politica fondata sulla sostenibilità la Serie A appare un’utopia.
«La strada può essere più lunga e difficile, ma al Bari viene assicurata una certa solidità. Nel tempo le multiproprietà possono essere ridefinite, magari con una spinta diversa. È chiaro che non può esserci il mecenatismo assoluto, c’è un percorso di sostenibilità».
Si aspettava di più dai De Laurentiis a Bari?
«So che il Bari è finito in buone mani dopo le vicissitudini precedenti. Quella dei De Laurentiis è un’amministrazione oculata, come dimostra la gestione del Napoli, che però non sempre paga nel breve e medio periodo».
Che ricordi ha di Bari?
«Sono ancora l’ultimo che ha riportato i biancorossi in A. Ma non mi interessa questo dato, auguro invece al Bari che mi faccia diventare il penultimo. Lo meritano la piazza e la sua tifoseria passionale. Ci deve arrivare, e spero che accada presto».
Rimpianti?
«Dappertutto ho avuto la possibilità di ritornare, tranne che a Bari. Non so perché, ma non mi è stato concesso nemmeno un colloquio. L’unico che mi ha cercato è stato Giancaspro, ma ero bloccato a Venezia. Tanti poi hanno fatto casting. Mi rammarica non aver potuto dare anche solo un consiglio o partecipare a delle riunioni. Nulla, nemmeno da parte dei De Laurentiis».
Cosa le resta di Bari?
«Mi tengo stretto quel periodo, perché nessuno può impedirmi di essere un tifoso. Mi inorgoglisce il pensiero di aver contribuito a fare qualcosa d’importante per questa piazza».