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Taranto, colpo di scena al processo per l’omicidio Nardelli. Tre imputati confessano: «Siamo stati noi»

Colpo di scena al processo per l’omicidio di Cosimo Nardelli, avvenuto in via Cugini la sera del 26 maggio 2023. Tre degli imputati, Aldo Cristian Vuto, il padre Paolo Vuto e il cugino Francesco Vuto (detto Checco), hanno confessato di essere gli unici responsabili dell’omicidio, scagionando Tiziano Nardelli, fratello della vittima, imputato con l’accusa di…

Colpo di scena al processo per l’omicidio di Cosimo Nardelli, avvenuto in via Cugini la sera del 26 maggio 2023. Tre degli imputati, Aldo Cristian Vuto, il padre Paolo Vuto e il cugino Francesco Vuto (detto Checco), hanno confessato di essere gli unici responsabili dell’omicidio, scagionando Tiziano Nardelli, fratello della vittima, imputato con l’accusa di essere il mandante insieme a Paolo Vuto. Due di loro hanno anche rivelato di aver nascosto l’arma del delitto in una villa abbandonata a San Vito.

Sul posto si è recata la polizia per il recupero. I tre hanno dichiarato di aver ucciso Cosimo Nardelli per rappresaglia, poiché questo poco prima, aveva tentato di tendergli un agguato armato all’esterno di un bar. Racconto che cozza col movente individuato dalla procura. Secondo il pm antimafia Stefano Milto De Nozza, era stato Tiziano Nardelli a rivolgersi ai Vuto per fare pressioni, «bombardare» il fratello che minacciava di dividere e impoverire l’impresa agricola di famiglia.

La confessione

In aula bunker i tre Vuto hanno fatto dichiarazioni spontanee. Aldo Cristian Vuto (difeso dagli avvocati Salvatore Maggio e Fabrizio Lamanna), figlio di Paolo, ha confessato di aver premuto il grilletto, mentre suo cugino Checco Vuto (difeso dall’avvocato Andrea Maggio) era alla guida dello scooter. Paolo Vuto (difeso dall’avvocato Fabrizio Lamanna) ha dichiarato dinanzi alla Corte d’assise di essere l’unico responsabile scagionando Tiziano Nardelli, fratello della vittima, (difeso dall’avvocato Luigi Danucci).

Il movente

Quanto al movente dell’omicidio, secondo quanto emerso dalle dichiarazioni dei principali imputati, non sarebbe da ricondurre a dissidi tra i due fratelli o problemi economici, legati alla gestione dell’azienda agricola della famiglia Nardelli, da cui Cosimo, il fratello maggiore, voleva prendere le distanze. Le indagini del magistrato antimafia Milto Stefano De Nozza, insieme al pm Francesco Sansobrino avevano inquadrato l’omicidio in un contesto di scontro tra fratelli legati alla gestione della cooperativa “Progetti”, fondata dal padre dei Nardelli.

Stando alle ricostruzioni della procura, i due fratelli avevano incrinato i rapporti per via di problemi economici legati proprio alla gestione della società, motivo per il quale Tiziano Nardelli aveva deciso di estromettere il fratello maggiore, uscito dal carcere dopo una lunga detenzione per omicidio. Nardelli si è sempre professato innocente e lo ha fatto anche ieri rispondendo alle domande dell’avvocato Danucci.

L’imputato ha precisato che quando nelle intercettazioni con Vuto nei momenti immediatamente precedenti all’omicidio parlava di “azioni”, si riferiva al fatto di volerlo licenziare dalla cooperativa e non ad azioni violente. Il giorno dell’omicidio, Tiziano Nardelli si trovava a Roma per motivi di salute di un familiare. In quei momenti si è scambiato numerosi messaggio con Paolo Vuto. Nardelli avrebbe risposto «ok» al messaggio di Paolo Vuto che lo avvisava che il figlio e il nipote Vuto erano «partiti» e che poi lo «hanno preso sotto casa». Per gli inquirenti si tratta di messaggi chiari per dare riscontro dell’azione omicidiaria appena eseguita dai due giovani, col benestare del fratello della vittima. Nardelli fu ucciso con due colpi di pistola all’addome, esplosi sotto casa sua in via Cugini.

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