L’Italia è il terzo paese in Europa dietro Germania e Francia per quantità di spreco alimentare. Sale anche quest’anno la quota di alimenti che si buttano nella spazzatura.
«Il cibo sprecato e perso è costato in media a ogni italiano 372 euro per un totale di quasi 22 miliardi», rileva il Centro Studi Divulga, nel focus ‘Spreco e fame 2025’ pubblicato in occasione della 12esima Giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. Il paradosso è che intanto aumenta l’indice Fies (Food Insecurity Experience Scale) di insicurezza alimentare. Il 2025 segna un +13,95% rispetto all’anno precedente che cosa significa? Da una parte la popolazione spreca enormi quantità di cibo, dall’altra fatica ad accedere ad alimenti sani e sostenibili. E non è tutto: 821 milioni di uomini e donne sulla terra soffrono la fame e 1 persona ogni 3 è malnutrita. Ma intanto una persona su 8 soffre di obesità. Butta cibo. E questo non accade (come spesso si pensa) solo nelle grandi distribuzioni (o almeno non solo), ma anche e soprattutto nelle case, in famiglia.
Che cosa fare
Ciò che si può fare è avere consapevolezza. Conoscere. Parlarne nelle scuole. Arrivare nelle case. Distogliere il consumatore dagli acquisti compulsivi. Insegnargli le regole basilari per poter conservare, riciclare, reinventare il cibo non consumato. Ma anche regalarlo a chi ne ha bisogno. Sempre più in Italia (e soprattutto al sud) ci sono attività commerciali (come panifici, pasticcerie, fruttivendoli) che regalano ciò che è avanzato e che se non consumato in tempo potrebbe andare a male.
L’Agenzia europea
Ma non basta ancora, i numeri parlano chiaro. Intanto del problema si è occupata anche l’Agenzia Europea dell’Ambiente che fa i conti, stimando che ogni anno lo spreco alimentare costa all’Unione circa 132 miliardi di euro, generando il 16% delle emissioni dell’intero sistema agroalimentare. Da questi studi emerge che ogni cittadino europeo getta via circa 132 kg di cibo ogni anno, dunque circa 59 milioni di tonnellate di alimenti sprecati se consideriamo l’intera popolazione dell’Unione. Lo spreco però è presente nell’intero processo all’interno della filiera, dalla produzione primaria alla trasformazione industriale, dalla distribuzione al consumo domestico.
Un fenomeno che riflette inefficienze logistiche, logiche di mercato distorte, standard commerciali rigidi e modelli culturali consolidati. La produzione di cibo assorbe circa il 70% dell’acqua dolce disponibile, contribuisce al 25% delle emissioni globali di gas serra, occupa il 40% della superficie terrestre libera da ghiacci e implica l’uso di fertilizzanti e pesticidi. E, va aggiunto che lo spreco nelle filiere di produzione risente anche di normative, in merito alle misure di monitoraggio e rendicontazione del cibo sprecato, che sono ancora poco omogenee tra gli Stati membri, rendendo più difficile una valutazione comparativa efficace. E questo ad oggi risulta un problema, anche perchè nel 2024 la Commissione europea ha proposto due obiettivi da raggiungere entro il 2030 dagli Stati membri: ridurre del 10% gli sprechi alimentari nella fase di produzione e trasformazione e una riduzione del 30% nel commercio al dettaglio e a livello domestico.