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Ex Ilva, a rischio lavoro e vendita. Il ministro Urso: «Ora l’impianto è compromesso»

Tensione alle stelle. Scontro tra governo e Procura. Al centro l’ex Ilva di Taranto. In una lettera i commissari di Acciaierie d’Italia dicono chiaramente che «il ritardo con cui è stata autorizzata la messa in sicurezza dell’altoforno 1 dello stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, dopo l’incendio di mercoledì scorso, potrebbe aver compromesso…
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Tensione alle stelle. Scontro tra governo e Procura. Al centro l’ex Ilva di Taranto. In una lettera i commissari di Acciaierie d’Italia dicono chiaramente che «il ritardo con cui è stata autorizzata la messa in sicurezza dell’altoforno 1 dello stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, dopo l’incendio di mercoledì scorso, potrebbe aver compromesso la possibilità di rispettare il cronoprogramma industriale, ripercuotendosi negativamente sui numeri della cassa integrazione».

È uno dei passaggi, quello di fuoco, della relazione inviata da Acciaierie in amministrazione straordinaria alla Procura di Taranto che ha sequestrato l’altoforno senza facoltà d’uso. Poche ore dopo che questa notizia, anche se in maniera informale è stata resa nota, i senatori di Fratelli d’Italia (Ignazio Zullo e Filippo Melchiorre) accusano la Procura del ritardo. Facendo tremare i polsi ai tanti operai che lavorano nell’ex Ilva.

In mattina invece il ministro dell’Industria, Adolfo Urso è cauto, «vedremo il da farsi» afferma, nel pomeriggio cambia posizione a margine dell’incontro sul Made in Italy e aggiunge: «Si è intervenuti troppo tardi. È un danno notevole che avrà inevitabilmente immediate ripercussioni sull’occupazione».

Il colaggio dei fusi

Perché il ritardo ha compromesso l’Afo1? Secondo quanto scrivono i commissari al momento dell’incendio l’altoforno era “pieno di fusi” e «in questi casi – spiegano le stesse fonti – si deve intervenire entro 48 ore per evitare danni strutturali. Nel caso della gestione dei fusi è necessario abbassare la carica dell’altoforno e colare i materiali fusi rimasti nel crogiolo».

Un intervento che va fatto subito. In pochissime ore. Solo che il via libera ai lavori, sollecitati «per tutelare l’integrità dell’impianto e non finalizzate alla ripresa della produzione» non sarebbe arrivato nei tempi utili. Solo alcune attività sono state poi autorizzate con un provvedimento del 10 maggio. Stando a quanto avrebbe evidenziato l’azienda, «nel momento in cui dovessero essere autorizzate, dopo oltre 120 ore dall’evento, non è più possibile procedere con il colaggio dei fusi, con la conseguenza che, in caso di riavvio, si dovranno adottare procedure straordinarie, complesse e con esiti assolutamente incerti».

L’Arpa Puglia

La Procura non si è mossa fino a quando non ha avuto anche il parere di Arpa Puglia e anche qui l’azienda aggiunge: «il parere espresso da Arpa Puglia ha condizionato l’autorizzazione, ostacolando il recupero dell’impianto. E’ per questo che lo stesso ministro teme che non possa essere rispettato «il cronoprogramma» e neanche i negoziati con Baosteel.

Baku in forse e i cinesi

Secondo una indiscrezione, lanciata dall’Espresso, gli azeri sono usciti di scena anche perché la realizzazione del rigassificatore è in forse, a questo punto il governo pare stia bussando alla porta dei cinesi di Baosteel per evitare la chiusura definitiva.

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