Prime crepe nella gratuità dello Spid, il sistema di identità digitale che finora ha permesso a oltre 40 milioni di cittadini italiani di accedere senza costi a numerosi servizi pubblici e privati. Due tra i principali provider, Aruba e Infocert, hanno già annunciato l’introduzione di un contributo economico a carico degli utenti: 4,90 euro più Iva all’anno nel caso di Aruba, a partire dal secondo anno di attivazione, e 5,98 euro Iva inclusa da parte di Infocert, con decorrenza dal 28 luglio.
La situazione
Per il momento il servizio resta gratuito attraverso gli altri gestori, in particolare Poste Italiane, che gestisce la quota di maggioranza assoluta delle identità digitali emesse in Italia. Ma l’annuncio dei due operatori alimenta il timore che si possa avviare un effetto domino verso una diffusione generalizzata del pagamento. La possibilità di introdurre un corrispettivo economico era prevista sin dall’inizio nei contratti stipulati tra lo Stato e i fornitori, e i 40 milioni di euro previsti da un decreto del 2023 erano destinati proprio a evitare che il servizio diventasse oneroso per i cittadini. Tuttavia, quei fondi risultano ancora bloccati, nonostante siano stati formalmente approvati lo scorso marzo. I provider – stanchi di sostenere autonomamente i costi del servizio – hanno cominciato ad agire in autonomia. E anche se lo Stato dovesse ora sbloccare i pagamenti, appare improbabile che chi ha scelto la via del contributo economico torni sui propri passi. Un nodo cruciale è legato alla tempistica: le convenzioni Spid attualmente in vigore scadranno a ottobre.
I negoziati
Dal 9 luglio partirà il periodo di tre mesi destinato ai negoziati per il loro rinnovo. Un passaggio delicatissimo, perché l’identità digitale è parte integrante degli obiettivi fissati dal Pnrr: entro il 2026, almeno il 70% della popolazione dovrà essere dotata di una credenziale per accedere ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione. Il governo, intanto, spinge sempre più anche sulla Cie, la Carta d’identità elettronica, che sta lentamente guadagnando terreno. Il rapporto di utilizzo tra Cie e Spid, un tempo fermo a 1:20, è sceso a 1:10 nell’ultimo anno, con le attivazioni di app Cie salite da 5,5 a 7,3 milioni. Ma i numeri restano ancora molto lontani da quelli dello Spid, che con oltre 40,5 milioni di identità emesse rimane di gran lunga lo strumento più diffuso. La situazione ha scatenato l’ira delle associazioni dei consumatori. In prima linea il Codacons, che accusa lo Stato e l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale) di scorrettezza nei confronti degli utenti. «I cittadini sono stati incentivati a dotarsi di Spid per accedere a una moltitudine di servizi, e ora rischiano di dover pagare per poterli utilizzare – attacca l’associazione – è una situazione gravemente lesiva dei diritti dei consumatori».