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Mafia a Bari, si allarga l’inchiesta sul voto di scambio: altri nomi nel registro degli indagati

Si allarga l’inchiesta sul voto di scambio politico-mafioso alle elezioni comunali baresi del maggio 2019. Oltre agli oltre 130 destinatari di misure cautelari, eseguite il 26 febbraio scorso, nel registro degli indagati della Direzione distrettuale antimafia di Bari sarebbero stati iscritti altri nomi, con varie posizioni di reato. Nei giorni scorsi, si era diffusa la…

Si allarga l’inchiesta sul voto di scambio politico-mafioso alle elezioni comunali baresi del maggio 2019. Oltre agli oltre 130 destinatari di misure cautelari, eseguite il 26 febbraio scorso, nel registro degli indagati della Direzione distrettuale antimafia di Bari sarebbero stati iscritti altri nomi, con varie posizioni di reato.

Nei giorni scorsi, si era diffusa la notizia dell’iscrizione, risalente al 2019, dell’assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia, per voto di scambio mafioso. Un’iscrizione sulla cui tempistica, a distanza di cinque anni, ci sono alcuni dubbi.

Gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Bari, coordinati dal dirigente Filippo Portoghese, sono intanto al lavoro sulla voluminosa documentazione sequestrata nell’abitazione e in un locale di proprietà di Giacomo Olivieri, l’ex consigliere regionale, accusato di essere il perno di una voluminosa compravendita di voti con il sostegno dei clan baresi e in carcere dal 26 febbraio.

L’obiettivo degli inquirenti è ora ricostruire completamente il patrimonio mobiliare e immobiliare dell’avvocato Olivieri, le cui movimentazioni bancarie e societarie sono già state passate ai raggi x, contestualmente alle indagini non patrimoniali. Secondo quanto già emerso, in quasi 10 anni, e precisamente dal 2011 al 2020, Giacomo Olivieri e sua moglie, la consigliera comunale Maria Carmen Lorusso (finita invece ai domiciliari e dimessasi dall’incarico) hanno fatto registrare spese per oltre 15 milioni di euro. Quel denaro sarebbero stato suddiviso nell’intestazione di quote societarie e titoli (2,6 milioni), nell’acquisto di immobili (2 milioni), e in polizze vita (1,8).

La restante parte sarebbe stata usata, come fossero pochi spiccioli, per mantenere alto il tenore di vita. Secondo quanto calcolato dai consulenti della Procura, le spese familiari di quel periodo sarebbero state di 3,4 milioni, usati per viaggi, vacanze, auto, shopping. Le spese elevate, però, non risultano corrispondenti alle entrate familiari, quantificate in quasi 9 milioni di euro, tra guadagni per circa 2,59 milioni e fonti lecite totali (incluso i finanziamenti bancari) per appena 6,9 milioni.

Per questo, è stato disposto dal gip del tribunale di Bari, Alfredo Ferraro il maxi sequestro per 20 milioni di euro. Non si può tuttavia escludere che, una volta terminato l’esame delle nuove carte sequestrate, si adottino altre misure patrimoniali.

Intanto dal Comune di Bari fanno sapere che non c’è stata alcuna richiesta di carte da parte della Prefettura, né tantomeno un’ispezione. Lo fanno sapere dal Comune, a proposito dell’intenzione dell’ufficio di Governo di acquisire gli atti relativi all’inchiesta, che con ogni probabilità saranno messi a disposizione dalla Procura antimafia. Dopo che martedì scorso si era diffusa la notizia dell’acquisizione della documentazione, il sindaco Antonio Decaro, ha preso contatti con il prefetto Francesco Russo per un approfondimento della questione.

La Prefettura intende esaminare gli atti per valutare la sussistenza di possibili condizioni per un’ispezione sull’eventuale condizionamento della criminalità organizzata nel capoluogo pugliese nelle attività del Comune, dopo aver appreso degli arresti e del commissariamento dell’Amtab, una delle municipalizzate dell’amministrazione comunale. Circostanza sollecitata nei giorni scorsi dai parlamentari del centrodestra.

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