L’ex Ilva verso Baku Steel, ma le dimensioni (mini) del compratore lasciano molti interrogativi. I sindacati sono in allerta e si chiedono rassicurazioni sui temi dell’ambiente e sul lavoro. Mentre ieri il ministro all’Industria, Adolfo Urso, a Mola di Bari ha cercato di distendere gli animi. «Sono fiducioso – ha detto Urso – che in poco tempo si possa giungere a conclusione di questa situazione di crisi dove, dopo aver ripreso nelle mani italiane gli stabilimenti dell’ex Ilva con la necessaria attivazione della procedura dell’amministrazione straordinaria nel febbraio dello scorso anno, siamo riusciti con i nostri commissari e soprattutto grazie alla dedizione dei nostri lavoratori a riattivare gli impianti, a rimettere sulla giusta strada la produzione siderurgica negli stabilimenti, a realizzare una gara internazionale che ora sta giungendo alle sue conclusioni».
Ci sono da “salvare” settemila posti di lavoro. E i sindacati non si sentono al sicuro.
Acciaieria in miniatura?
Baku Steel Company ha ricavi in crescita e, ad oggi, produce 800mila tonnellate d’acciaio l’anno, meno della metà di quanto viene realizzato a Taranto dall’ex Ilva con gli impianti al minimo. Secondo qualche indiscrezione venuta fuori dal piano industriale proposto dagli azeri, infatti, per gli esperti del settore, si ricava l’impressione che quella che prenderà forma sarà un’Ilva in miniatura. Si stima che a regime la produzione raggiungerà i 4 milioni di tonnellate l’anno, poco se si considera che nella gestione dei Riva (tanto criticata) si sfioravano le 12 tonnellate. Con l’acquisizione dell’ex Ilva gli azeri puntano ad espandersi in Europa, puntando su acciaio ed energia, ma in particolare puntano a divenire i colossi del gas. Non a caso, la società propone anche la realizzazione di un rigassificatore galleggiante nel porto di Taranto.
Intanto i sindacati chiedono che siano salvati tutti i posti di lavoro. Ma non sarà facile.