Serviva come il pane una vittoria per rilanciare le quotazioni in campionato. Ciascun giocatore del Taranto, come il tecnico Ciro Danucci, ha compreso alla perfezione la necessità di alzare nuovamente la voce e il 3-1 sul Canosa ha risposto a questa esigenza. Un messaggio forte e chiaro recepito a tutte le latitudini della regione e che fa seguito al 5-1 in Coppa Italia sull’Acquaviva. Due vittorie così ampie non arrivano per caso. I novanta minuti con i canosini sono stati molto interessanti sotto il profilo tecnico e tattico.
Il ritorno al 4-2-3-1
Danucci, dopo avere schierato una difesa a tre a Bisceglie, è tornato al classico e originario 4-2-3-1 con non poche novità. Intanto ha riportato tra i pali De Simone, autore di una buona partita. Al centro della difesa Konatè è stato schierato al posto di Brunetti, non nelle migliori condizioni per potere ambire a una maglia da titolare. I compagni di reparto sono stati Delvino, Hadziosmanovic e Derosa. Sulla mediana ecco l’inedita coppia Marino-Vukoja. Il duo ha retto il folto pacchetto offensivo composto da quattro uomini: Calabria, Monetti e Losavio, dietro Aguilera. Il quartetto così assortito non aveva mai giocato assieme, eppure ha dimostrato un’intesa ottimale. Una buona notizia per Danucci, che in questo momento ha bisogno di certezze.
Centrocampo strategico
Il successo ha ruotato attorno ai diversi compiti affidati ai centrocampisti. Marino ha quasi giocato nel ruolo di difensore aggiunto portando la linea a 5. I rossoblù del Canosa hanno attaccato occupando tutta l’ampiezza del terreno di gioco dello stadio Italia e perciò il suo ripiegamento è diventato essenziale. Vukoja si è mantenuto qualche metro più avanti per fare ripartire la squadra. Nel ruolo di regista, al posto di Di Paolantonio, è stato eccellente e ha disputato la migliore partita da quando è in rossoblù. Nella ripresa, per buona parte, Danucci ha scelto di schierare un centrocampo a rombo, il cui vertice basso è stato occupato da Marino, quello alto da Monetti (alle spalle di Losavio e Aguilera) e ai lati hanno agito Vukoja e Calabria. In questo modo ha provato a contenere le naturali offensive del Canosa proteso in avanti alla disperata ricerca di un gol che riaprisse la gara. Gol che è arrivata a causa di un’autorete, a firma di Marino. Un neo che non sminuisce di una virgola l’ottima prova. In tanti poi hanno lavorato duro per la squadra. Un encomio merita Calabria, che ha corso moltissimo e svolto egregiamente il cosiddetto lavoro sporco. Movimenti spesso non visibili a occhio nudo, ma che fanno gongolare gli allenatori.










