“Dobbiamo scongiurare che con gli investimenti del Pnrr – ha detto Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil regionale – si verifichi quanto sta già avvenendo, e cioè una crescita senza buona occupazione o addirittura perdita di posti di lavoro”. Sono dati “che raccontano di un disagio sociale diffuso al quale bisogna dare risposte”, ha aggiunto.
“In Puglia vi sono tantissime crisi aziendali, si vive una condizione di precarietà che trascina con sé povertà salariale e desertificazione demografica a causa dell’emigrazione. La politica la smetta con i teatrini e si confronti sulle cose da fare: diciamo alla Regione Puglia – ha proseguito Gesmundo – che serve un’idea di sviluppo, una visione strategica, e soprattutto una regia e una coerenza d’insieme degli interventi, partendo dalla centralità del lavoro. Per questo rilanciamo la proposta di un Patto per il lavoro come luogo di confronto e assieme strumento operativo, una cornice dentro la quale definire gli obiettivi verso cui orientare le progettualità e le risorse del Pnrr e dei Fondi Strutturali per sostenere la creazione di buona occupazione. Chiediamo alla Regione di farsene promotrice”.
Problematico anche costruirsi una ‘carriera’ previdenziale. “Per questo diciamo che la riforma delle pensioni penalizza soprattutto territori come la Puglia e il Mezzogiorno, se non prevede misure di sostegno soprattutto per i giovani e le donne soprattutto”, evidenzia la Cgil Puglia. Nella regione l’importo medio delle pensioni al lordo è di 1000 euro che si abbassa a 800 euro per le pensioni di vecchiaia e a 700 per i lavoratori autonomi. In Puglia su dieci dipendenti solo due sono laureati.
L’indagine AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati riporta che a 3 anni dal titolo, gli studenti del Politecnico di Bari, preso come campione di esempio, trovano lavoro nella misura dell’87,8%, ma il 41% è in altre regioni o all’estero. Le proiezioni demografiche dell’Istat ci dicono che nel 2030 la Puglia vedrà ridursi la popolazione con età 15-24 anni di oltre 100mila unità. Tra il 2002 e il 2020 hanno cancellato la propria residenza trasferendola all’estero quasi 90mila persone. Quelli che invece si sono trasferiti nello stesso periodo in un’altra regione italiana sono oltre 470mila.
Il numero di famiglie povere è 124mila per 356mila individui coinvolti. E 397mila sono le famiglie che presentano dichiarazioni Isee inferiore a 10mila euro. Su 2,5 milioni di contribuenti in Puglia, 1,7 milioni sono sotto i 20mila euro, e di questi 241mila stanno sotto i 1000 euro, 570mila tra 5mila e 10mila. Se di legano “questi dati alle nuove aliquote fiscali Irpef decise dal Governo – prosegue il sindacato – si intuisce perché la Cgil sostiene che oltre a essere una riforma che favorisce i redditi più alti, assieme penalizza i territori del Mezzogiorno, perché qui sono maggiori quelle fasce di reddito basse che usufruiranno di vantaggi minimi o nessun vantaggio”.