Qualcosa non quadra. E a Stoccolma non ce n’è per le quote rosa. I report di genere sulla partecipazione delle donne in campo scientifico dicono che la ricerca al femminile è sempre più massiccia e qualificata, sia in Europa che negli altri Paesi avanzati. Secondo “Gender in research” di Elsevier, uno dei più importanti editori scientifici del mondo, l’Italia è vicina alla parità di genere e sopra la media dei Paesi Ue. Quasi 5 ricercatori scientifici su 10 sono donne, il 44%.
Allora non si capisce come mai l’Accademia Reale Svedese delle Scienze stenti a riconoscerne il valore e anzi ritenga opportuno precisare, attraverso il segretario generale Göran Hansson che è vero. «Ci sono poche donne ed è una cosa triste. Ma riceverà il premio solo chi lo merita. La selezione non prende in considerazione né l’etnia né il sesso degli studiosi ma valuta le competenze e i risultati nel proprio ambito di attività».
Si fa presto a capire come sia andata fino ad oggi. Dal 1901, anno dell’istituzione del premio ideato da Alfred Nobel, chimico noto per aver creato la dinamite, sono state solo 59 le donne vincitrici (circa il 6,2% del totale). La pioniera è stata la polacca naturalizzata francese Marie Curie che ricevette il riconoscimento per ben due volte, nel 1903 per la fisica (assieme al marito) e nel 1911 per la chimica. L’ultima la giornalista investigativa filippina con nome italiano Maria Ressa che ha condiviso il premio per la pace con il collega russo Dmitry Muratov. Un riconoscimento che nel 1979 andò a Madre Teresa di Calcutta e che viene assegnato dal Comitato norvegese del Nobel. Ressa è stata l’unica donna a fianco di 12 uomini premiati quest’anno.
E le italiane? Sono solo due le personalità insignite del riconoscimento, a 60 anni l’una dall’altra. Grazia Deledda si aggiudicò l’onorificenza per la letteratura nel 1926. Il premio le fu conferito il 10 dicembre del 1927 per la potenza di scrittura, sostenuta da un alto ideale, per la profondità e il calore che la portarono a descrivere vicende di generale interesse umano partendo dalla Sardegna, sua isola natale. La seconda italiana a vincere il Nobel e anche l’ultima donna fino ad oggi è stata Rita Levi Montalcini, neurologa e accademica, ottenne il riconoscimento per la medicina nel 1986 grazie agli studi e alle ricerche sul fattore di accrescimento della fibra nervosa (NGF). Condivise il premio con il biochimico Stanley Cohen. La scienziata torinese divenne da quel momento un modello per tutte le donne. Ricercatrici e non.
In tutto sono 21, compreso il fisico Giorgio Parisi di casa anche a Bari, gli italiani vincitori del Nobel. Il primo fu Camillo Golgi nel 1906 per gli studi di fisiologia e medicina.