La nuova campagna elettorale per le elezioni regionali «cristallizza una tendenza in essere da molti anni e cioè che la gente non va più in piazza. Questo perchè, ad esempio in Puglia, ma anche in Campania, non c’è uno scontro tra idee o leader politici». Claudio Velardi, direttore de il Riformista, comunicatore e spin doctor di molti politici, spiega così l’evolversi di una competizione, quella per il governo regionale che, a pochi giorni dal voto, vede i candidati raccogliersi nei loro comitati elettorali o, al massimo, organizzare qualche evento, a beneficio dei propri supporter, in ristoranti e sale ricevimento.
Velardi, è solo l’assenza di leader carismatici che porta la politica a evitare le manifestazioni di piazza?
«Puglia e Campania sono caratterizzate da leadership con solidità elettorale presenti da lungo tempo e prevalentemente di natura clientelare. Leadership che dispongono di forze e candidati che sul territorio hanno un proprio sostegno. Di conseguenza, intercettando coloro che mettono insieme questi elettorati clientelari è sufficiente. Per questo non servono le piazze».
Quindi siamo tornati alla Prima Repubblica?
«Perchè le categorie produttive dovrebbero inimicarsi il governo nazionale o, specularmente in altre competizioni, quello regionale? Che convenienza hanno? Di conseguenza, i corpi intermedi – associazioni, sindacati, cooperative -tendono a non dichiarare il proprio consenso, poi magari sotto traccia si accordano con i singoli candidati. A mio avviso è comprensibile questo atteggiamento».
E i social che ruolo hanno nelle campagne elettorali?
«Oggi i social sono tutti prevalentemente “bolle”. Poi ci sono delle eccezioni e il candidato presidente del centrosinistra in Puglia, Antonio Decaro, è una di queste perchè è seguito da un’agenzia, Proforma, che è capace di trovare formule più vivaci e di fare campagne elettorali più creative che consentono a Decaro di parlare al di fuori della propria “bolla”. Gli altri invece devono garantire solo i propri già acquisiti sostenitori».
Quindi è inutile investire sui social.
«Ci vorrebbero delle idee, perchè spesso vedo cose penose da parte di molti candidati. Idee, ma anche personalità che possano servire a una campagna intelligente».
Social utilizzati male e piazze vuote favoriscono l’astensione?
«Sì, senza dubbio. Queste regionali sono per eserciti organizzati che non parlano a tutti».
In definitiva la politica si è ridotta ad essere un affare per pochi?
«Non ne farei un dramma. Anche perchè quando c’è qualcosa di importante o uno scontro effettivo la gente a votare ci va. Certo sarebbe bello se la politica recuperasse il ruolo di mobilitare le persone come una volta. Temo, però, che non siano più quei tempi«.










