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Puglia, le tre mosse regionali contro la crisi idrica

Riduzione della pressione in accordo con Acquedotto Pugliese, monitoraggio costante della situazione degli invasi, campagne di sensibilizzazione contro gli sprechi. Si basa su tre punti principali il «piano per il superamento della crisi idrica in corso» approvato nell'ultima seduta della giunta regionale dell'era Emiliano. Sono le prime azioni considerate «necessarie per fronteggiare il periodo 2025-2026…
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Riduzione della pressione in accordo con Acquedotto Pugliese, monitoraggio costante della situazione degli invasi, campagne di sensibilizzazione contro gli sprechi. Si basa su tre punti principali il «piano per il superamento della crisi idrica in corso» approvato nell’ultima seduta della giunta regionale dell’era Emiliano. Sono le prime azioni considerate «necessarie per fronteggiare il periodo 2025-2026 e le future crisi idriche». In realtà confermano quelle già in atto da un mese di fronte a una situazione che non stenta a migliorare.

La situazione

Il documento fotografa uno stato meteo-climatico piuttosto grave: per quanto riguarda gli invasi, a novembre, siamo di fronte una riduzione della disponibilità idrica totale del 62,6% rispetto ai valori medi storici del periodo; per quanto riguarda le sorgenti, invece, il gruppo Sele-Calore sta avendo portate complessive in calo del 27,9% rispetto alla media. Poiché per l’approvvigionamento non si prevedono miglioramenti a breve, salvo opere più o meno faraoniche come la condotta dall’Albania (di cui si è tornato a parlare recentemente) o il famoso «tubone» dal Molise, restano sul tavolo i due grandi temi del risparmio e del riuso delle acque depurate. Ma qui entra in campo un altro problema.

Gli interventi

Dal 2009 Aqp adegua i propri impianti di depurazione per affinare le acque trattate e renderle idonee al riuso irriguo. Ad oggi 47 impianti sono già configurati con stazioni di affinamento, per un potenziale di 70 milioni di metri cubi. Entro il 2028, saranno 76 gli impianti adeguati, oltre un terzo del totale, per una capacità di 131 milioni di metri cubi di acqua riutilizzabile a fine irrigui in una regione che ha nell’agricoltura uno dei suoi settori trainanti. Attualmente quella risorsa finisce in mare. Perché? È necessario reperire fondi per creare una rete infastrutturale in grado di portare quell’acqua che esce dai depuratori nei campi. E ad oggi questo avviene solo per 2 milioni di metri cubi.

L’altra speranza di attenuare la crisi viene proprio dal mare, con la realizzazione di 4 dissalatori previsti da Aqp: uno a Taranto che entrerà in funzione già il prossimo anno, gli altri a Brindisi, Margherita di Savoia e Isole Tremiti. Quello sul fiume Tara, ad esempio, garantirà acqua potabile a quasi 400 mila persone. Attraverso la tecnologia di osmosi inversa, tratterà acque salmastre per produrre fino a 650 litri al secondo, equivalenti a circa 55 mila metri cubi di acqua potabile al giorno, con standard conformi alla normativa vigente. L’acqua potabilizzata sarà convogliata al serbatoio di Taranto attraverso una condotta lunga circa 14 chilometri. Un primo piccolo passo, in un’area limitata. Per ora lo stato di emergenza arriva al 2026 ma è evidente che anche il prossimo governo regionale si ritroverà, tra i primi punti della sua agenda, il problema della crisi idrica.

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