Presìdi accorpati nel Leccese. Difficoltà a reclutare professionisti a Taranto. Lettere per chiedere disponibilità a coprire i turni ai medici di famiglia – sorvolando anche su alcune incompatibilità contrattuali – a Foggia. È uno scenario in continuo peggioramento quello tracciato dall’intersindacale medica pugliese, composta da Cgil medici, Smi, Snami, Simet e Ugm medici, sull’assistenza delle guardie mediche in Puglia.
E non va meglio per i servizi di emergenza-urgenza del 118, dove nella maggior parte dei casi le ambulanze sono sprovviste di medico e si servono solo di infermieri e volontari. Un quadro che ha spinto le sigle a chiedere spiegazioni attraverso una lettera inviata all’Anci Puglia, nella persona di Domenico Vitto, alla Regione e a tutti i prefetti. «La notevole carenza di medici potrebbe creare difficoltà a garantire pienamente i servizi», denunciano i sindacati nella missiva.
Un buco di personale che si allarga sempre più. «Il pericolo lo vedevamo tempo fa ed è sempre più vicino: entro il 2025 la gobba pensionistica dei medici di medicina generale, ad esempio degli specialisti ospedalieri, raggiunge un acme, un punto massimo – spiega Francesco Pazienza, segretario regionale del sindacato Medici Italiani – a fronte di queste persone che saranno collocate in pensione non c’è un pari numero di medici che possono sostituire». Un progressivo vuoto che si è andato delineando nel tempo e che ha condotto oggi alla conseguenza più drastica.
«Attualmente dal mese di settembre alcune Asl hanno dovuto accorpare le sedi delle guardia mediche. Che vuol dire che in alcuni casi c’è un solo medico che risponde a più comuni – continua Pazienza – In altre sedi, invece, non si riesce a trovare la copertura ed eccezionalmente viene esposto un cartello che recita “Chiuse, rivolgersi a…”». La situazione è ancora più drammatica per il 118. «Ormai le ambulanze medicalizzate sono intorno al 30-40 per cento. Tutte le altre girano, quando va bene, con l’infermiere o con l’autista e il volontario», precisa il sindacalista. E da quelle stesse ambulanze sono tanti i medici in fuga, alla ricerca di più sicurezza e di migliori condizioni di lavoro. «Quei pochi colleghi che ci sono, se hanno la possibilità di fare altro vanno a fare altro. Di norma i medici sono tenuti a fare un corso di formazione per il 118. Da quanto tempo non accade?», si chiede Pazienza.
Tutte perplessità e domande che i sindacati rigirano alle istituzioni, a partire dai sindaci, prima autorità sanitaria di ogni comune, per arrivare all’assessorato alla Salute, a cui spetta la programmazione sanitaria dell’intero territorio. «La parte pubblica deve valutare se quello che affermiamo è un dato reale e concreto e dire, non ai sindacati ma ai cittadini, come intende assicurare questi servizi. Non possiamo rassegnarci al fatto che siccome non ci sono i medici una persona che ha bisogno di un intervento importante per motivi di salute chiama il 118 e gli arriva l’ambulanza con il volontario. Siamo disposti a stimolare chiunque a trovare delle soluzioni». Di qui l’invito a un momento di confronto per scongiurare ulteriori accorpamenti, se non chiusure, di presidi sanitari e garantire un medico a bordo di ogni ambulanza.