Un dato colpisce tra i risultati dell’ultima tornata elettorale regionale: i candidati che si sono fatti portatori di temi a forte valenza culturale non sono stati premiati dall’elettorato. Ad aprire questa riflessione è stato Aldo Patruno, già capo del dipartimento Cultura e Turismo della Regione Puglia, dimessosi dall’incarico per candidarsi con il M5S nella circoscrizione di Bari: «Abbiamo avuto il coraggio di riempire una campagna elettorale, spesso priva di stimoli, di contenuti per me essenziali: cultura, turismo, valorizzazione del territorio, bellezza e inclusione».
Cultura, marginale in politica
«Ma la nota dolente – continua Patruno – è l’aver constatato ciò che pensavo all’inizio e per cui mi sono candidato: che si tratta di temi non centrali per la politica. E il voto lo ha dimostrato in modo netto, escludendo non solo me ma anche tante autorevoli figure che avevano proprio la cultura o il turismo come leitmotiv della loro candidatura».
Oggi, sull’argomento, interviene Sergio Blasi, che ha corso nella circoscrizione di Lecce per il PD: «Ci sono candidati che hanno una spiccata vocazione a immaginare i temi culturali come decisivi per lo sviluppo di un territorio e chi pensa invece che la cultura sia una sorta di spettacolo da fine settimana, un accessorio, non invece un fattore primario di sviluppo sociale. Il tema della cultura è un tema enorme, abbandonato in questi ultimi anni in Puglia. Basti pensare che per tre anni non abbiamo avuto un assessore alla cultura ma una delegata. C’è bisogno di una legge di riforma complessiva della vecchia legge sulla cultura. In parte questo lavoro è stato già fatto nell’ultimo anno con una proposta di riforma che era già pronta ma che la fine della legislatura ha impedito di portare a termine».
Tre ragioni di fondo
È Ines Pierucci, già assessora alla cultura del Comune di Bari dal 2019 al 2024 e candidata per AVS, ad approfondire le ragioni della scarsa presa elettorale di questi argomenti: «Ci sono almeno tre motivi per cui non diventano temi di forte mobilitazione elettorale, pur essendo decisivi per la qualità della vita. In prima battuta, sono temi che producono effetti nel medio-lungo periodo. La cultura, l’educazione, la cura dei territori non offrono soluzioni immediate ma attivano processi lunghi: formano cittadini, rafforzano comunità, riducono le disuguaglianze. E questo, in una stagione politica dominata dall’urgenza, causa che l’attenzione si sposti su misure percepite come più tangibili e immediate. In secondo luogo, sono temi meno semplificabili. Cultura, scuola, politiche giovanili, parità, paesaggio richiedono complessità, competenza, continuità. È molto più difficile trasformarli in promesse e numeri. Eppure sono proprio questi temi a incidere davvero sulla democrazia e sulla vita quotidiana. Infine, vengono spesso presentati come servizi accessori. Troppo a lungo la cultura è stata raccontata come una voce di bilancio motrice per il turismo. Lo stesso vale per i giovani, spesso trattati come destinatari, raramente come interlocutori e protagonisti del cambiamento. Questo porta molti elettori a non percepire che votare su questi temi significa votare su casa, lavoro, salute, comunità. Ma è esattamente questo il punto su cui dobbiamo intervenire per ricostruire un senso civico e collettivo che mobiliti al voto».
