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Marcello Introna: «La Puglia va di moda, ma le mode passano» – L’INTERVISTA

Nei suoi libri – come nel modo in cui guarda il presente – la storia è un rifugio perché non può cambiare, mentre l’oggi appare come un esercizio sistematico della legge del più forte. Il 2025, racconta, non ha fatto che rendere questa evidenza più netta. Parlare con Marcello Introna significa attraversare una sensibilità cruda,…
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Nei suoi libri – come nel modo in cui guarda il presente – la storia è un rifugio perché non può cambiare, mentre l’oggi appare come un esercizio sistematico della legge del più forte. Il 2025, racconta, non ha fatto che rendere questa evidenza più netta. Parlare con Marcello Introna significa attraversare una sensibilità cruda, senza schermi: Bari, la Puglia, l’Italia diventano luoghi amati e respinti con la stessa intensità, coordinate emotive prima ancora che geografiche. In questa conversazione di fine anno lo scrittore tira le somme sulla letteratura, sul suo tempo, sul prossimo romanzo e sulla fatica di continuare a scrivere, senza indulgenza e senza illusioni.

Introna, ci ritroviamo a fine 2025. Che anno è stato per lei?

«Il 2025 è l’anno che mi ha consegnato la definitiva certezza che l’unica legge che realmente regola i rapporti umani è quella del più forte. Poi, si sa, specie in Italia siamo tutti poeti e decliniamo questo concetto in termini affascinanti: diritto privato, codice penale, codice civile, diritto internazionale. Il 2025 ci ha dimostrato che sono tutti vezzeggiativi della legge del più forte e che il diritto – internazionale e non – “conta fino a un certo punto”».

Nei suoi libri il passato sembra spesso un modo per parlare del presente senza nominarlo. Guardando a quest’ultimo anno, c’è qualcosa dell’Italia di oggi che le ha fatto venire ancora più voglia di rifugiarsi nella storia?

«L’Italia di oggi è un mero perimetro geografico che non ha più nulla di Paese, di Stato. Preferisco il passato, quantomeno nei romanzi che ho scritto fino a oggi, perché non può cambiare, e questo mi rassicura. Purtroppo non riesco a non informarmi sul presente ed è per questo che vivo con una perenne epatomegalia: mi scoppia il fegato. Perché l’odierno è il tema della tua prima domanda: l’odierno è l’esercizio sistematico della legge del più forte».

Anche nel 2025 ha incontrato molti lettori, soprattutto in Puglia. Che idea si è fatto dello stato della letteratura oggi, fuori dai circuiti mediatici più rumorosi, nelle piazze, nei festival, nelle librerie?

«I lettori sono sempre meno, perché viviamo in una società semplificata a tutti i livelli. Leggere richiede uno stato di attività da parte del lettore e questo è sempre meno di moda. Ciononostante mi capita di vedere gruppi di lettura composti da ragazzi e questo mi allieta il cuore».

Secondo lei la Puglia è diventata davvero un luogo che produce immaginario o rischia di limitarsi a ospitarlo?

«La nostra regione va di moda, ma le mode sono destinate a passare se non si agisce verso il consolidamento. Direi che in Puglia questa direzione la conosciamo bene, così tanto bene da iniziare a rendere la vita dei pugliesi stessi impossibile».

Lei ha spesso raccontato il male, la sconfitta, la parte opaca dell’uomo. In un anno come questo, segnato da conflitti e polarizzazioni, la letteratura può permettersi di consolare?

«La mia scrittura, i miei temi non sono consolatori. La realtà non lo è. La vita è ingiusta e sei costretto a vedere accanto a te quelli che hanno la viacard dell’esistenza. Trovo poco interessante la letteratura consolatoria perché, fatti salvi alcuni temi e talune suggestioni, di fatto si traduce in epica per adolescenti, nella migliore delle ipotesi».

Continua a vivere a Bari, città con cui ha un rapporto viscerale di odio e amore. Ci sono momenti in cui le fa male restare?

«Questo. Questo è uno di quei momenti in cui, se potessi, andrei via. Ma non da Bari: dall’Italia. Sinceramente mi vergogno di essere italiano in questo momento storico e Bari non può che assecondare le logiche di massima nazionali. Certo, su alcune cose ci distinguiamo e con stile, ma nella macrodimensione siamo una città di questa Italia a tutti gli effetti».

Dopo «Oro forca fiamme» ha parlato di stanchezza, quasi di una resa temporanea. Oggi ha deciso di rimettersi al lavoro su qualcosa di nuovo?

«La mia stanchezza deriva dalla certezza che con le tue gambe arrivi fino a un certo punto, perché oltre quel certo punto c’è un pallosissimo lavoro di pubbliche relazioni che non sarò mai in grado di fare. Ora come ora ragiono su un romanzo che ho in mente da anni e credo sia arrivato il momento giusto per scriverlo. Faccio sempre lunghe ricerche, anche solo per calarmi nell’atmosfera che ritengo giusta, e ora sono in questa fase. Sarà un romanzo distopico, non sarà ambientato a Bari e avrà un protagonista netto».

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