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Locazioni turistiche, in Puglia sugli affitti brevi è rischio sfratto costituzionale

«Affittare è ancora un diritto? La verità sulle locazioni turistiche non imprenditoriali». È il tema del webinar per addetti ai lavori che ha coinvolto, tra gli altri, Fare (Federazione delle associazioni extralberghiere), e Aigab (Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi). Un confronto basato sui numeri reali del settore delle locazioni turistiche. Le abitazioni in Italia In…
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«Affittare è ancora un diritto? La verità sulle locazioni turistiche non imprenditoriali». È il tema del webinar per addetti ai lavori che ha coinvolto, tra gli altri, Fare (Federazione delle associazioni extralberghiere), e Aigab (Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi). Un confronto basato sui numeri reali del settore delle locazioni turistiche.

Le abitazioni in Italia

In Italia le abitazioni sono 32,2 milioni: il 60,6 per cento è occupato dai residenti, 4,3 milioni hanno contratti d’affitto 4+4, mentre 9,5 milioni sono non occupate. Solo l’1,4 per cento degli immobili è messo online per l’accoglienza turistica: il 95 per cento appartiene a privati, il 25 per cento è gestito da aziende; il 5,2 per cento riguarda case non occupate.

Le case in Puglia

In Puglia le abitazioni dei residenti sono 1,37 milioni, gli affitti stabili 230 mila, quelle vuote 699 mila. Gli annunci online sono 46.439: appena il 2 per cento del patrimonio regionale. Gli alloggi registrati con Cin sono 46.863, di cui 35.448 non imprenditoriali. A fronte di ciò, in tutta la Puglia gli alberghi censiti sono appena 966: un divario che fa capire il peso del settore extralberghiero.

A Bari le case totali sono 163.254, di cui 106 mila occupate e 29 mila in affitto 4+4. Le abitazioni non occupate sono 27.440 e gli annunci online 2.137: solo l’1,3 per cento delle case. Il 60 per cento degli alloggi è offerto tutto l’anno e nel 71 per cento dei casi si tratta di monolocali, spesso situati nella città vecchia, con un tasso medio di occupazione del 68 per cento.

Aigab ricorda che un annuncio non equivale a una prenotazione, ma a una possibile entrata per sostenere le spese familiari.

Il business affitti brevi

Nel periodo gennaio–agosto 2025 gli affitti brevi in Italia hanno generato 8,2 miliardi di prenotazioni dirette, 33 miliardi nell’indotto e 0,6 miliardi di investimenti. Il guadagno medio per proprietario è di 17 mila euro, da cui vanno detratti almeno tremila euro di utenze, un 10 per cento di costi di pulizia, un 20 per cento trattenuto dai portali e la cedolare secca (21 per cento sul primo immobile, 26 per cento dal secondo). A questi si aggiungono obblighi come estintori, sensori anti-gas e l’assicurazione Rc.

Su 25 mila euro di incassi, circa 1.300 finiscono allo Stato; con cedolare secca al 26 per cento per tutti, la pressione fiscale potrebbe salire al 52 per cento. Una stanza venduta a 100 euro produce al proprietario circa 20 euro effettivi. Perché allora i proprietari scelgono gli affitti brevi? Perché i contratti 4+4 non garantiscono tutele e uno sfratto per morosità non comporta rientrare nel possesso del bene in tempi certi.

La legge regionale

E poi c’è la ciliegina sulla torta regalata ai pugliesi alla fine della stagione appena trascorsa. La Regione Puglia ha introdotto nuovi obblighi per i gestori degli appartamenti destinati all’accoglienza turistica: dal 30 settembre 2025 chi affitta a uso turistico, anche non imprenditoriale, dovrà presentare Scia o Cia d’inizio attività e dotarsi di assicurazione obbligatoria. Una scelta che pone dubbi di legittimità costituzionale: l’equiparazione tra attività imprenditoriali, e non, rischia di violare i principi di uguaglianza (art. 3) e libertà economica (art. 41).

Il Consiglio di Stato ha ricordato che le locazioni non imprenditoriali non sono strutture ricettive e richiedono solo una comunicazione di attività, non una Scia. Il mancato rispetto degli adempimenti può comportare sanzioni e, nei casi più gravi, la riqualificazione dell’attività come imprenditoriale non dichiarata. Intanto il governo ha impugnato la legge regionale pugliese e ora la parola passa alla Corte costituzionale. Fino a quel momento, suggeriscono gli esperti, conviene attendere prima di avviare nuovi iter burocratici.

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