Sono cinque i casi di fibrosi cistica individuati precocemente su 11.221 neonati pugliesi grazie a Genoma Puglia, il progetto coordinato dal laboratorio di Genetica medica dell’ospedale Di Venere di Bari che utilizza il sequenziamento del Dna alla nascita per individuare la predisposizione a oltre 480 malattie, di cui si dispone di terapie, analizzando un pannello di 407 geni.
Ad annunciarlo, in occasione della Giornata mondiale della fibrosi cistica che ricorre domani 8 settembre, è l’assessore al Bilancio della Regione Puglia, Fabiano Amati, promotore della legge che ha introdotto Genoma Puglia. Si tratta, afferma, di «una rivoluzione silenziosa che parte dal Dna dei neonati pugliesi e che promette di cambiare il futuro della medicina preventiva».
In Puglia un neonato ogni 2.244 è risultato positivo alla fibrosi cistica. Grazie a Genoma Puglia, poi, sono stati identificati anche 590 portatori, conoscenza utile a eliminare il rischio riproduttivo. È portatore sano un neonato ogni 19, «un dato che accende i riflettori sull’urgenza di generalizzare il progetto Genoma e non lasciarlo come originale buona pratica di una sola regione», commenta Amati.
«Con Genoma Puglia siamo davanti a un notevole cambiamento nell’approccio», sottolinea il dottor Mattia Gentile, direttore del laboratorio di Genetica medica del Di Venere di Bari. «La diagnosi genetica precoce – evidenzia – diventa il presente e non più una speranza sul futuro». Per quanto riguarda la fibrosi cistica, precisa, «scoprirla subito significa poter intervenire immediatamente e offrire prospettive di vita radicalmente diverse».
Ma come funziona l’individuazione della malattia? «Grazie a una goccia di sangue analizzata al momento della nascita – spiega Gentile – i medici hanno a disposizione una vera e propria “mappa” del rischio individuale. È un po’ come guardare in controluce il futuro per cambiarne il corso. La fibrosi cistica è una malattia spietata, che non guarda in faccia nessuno».
I risultati ottenuti in Puglia, aggiunge Amati, «accendono una luce di speranza. Lo screening genetico neonatale può diventare lo strumento chiave per anticipare le malattie rare e aprire scenari impensabili fino a pochi anni fa».
La sfida, però, «non è solo clinica, ma anche politica», evidenzia l’assessore regionale pugliese. «Utilizzare o meno i test genetici significa praticare l’uguaglianza tra i cittadini».