In questa lunga intervista il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano commenta la Riforma della Giustizia soffermandosi sul rapporto tra politica e magistratura. Alla domanda sui malumori che serpeggiano nel PD pugliese per la nomina di Rocco Palese come assessore regionale alla Sanità, risponde richiamando tutti al «gioco di squadra che ci ha portato in questi anni a cambiare in meglio la Puglia e le sue principali città», e aggiunge: «non appena approvata la riforma Cartabia, mi riscriverò al PD».
La Riforma appena approvata dal Consiglio dei Ministri secondo lei va nella direzione di quello che chiede il Paese? Basta a risolvere la cosiddetta questione delle “porte girevoli”?
«La riforma è chiara. Intende scoraggiare i magistrati dall’esercitare il loro diritto di candidarsi, sanzionandoli con l’obbligo a lasciare la magistratura. Si può non essere d’accordo, ma almeno si dice chiaramente ció che molti mormoravano senza ammetterlo esplicitamente. Resta da verificare se questa sanzione sia conforme alla Costituzione, visto che la Carta prevede come un diritto di tutti i cittadini quello di candidarsi e di contribuire alla politica nazionale facendosi eleggere o partecipando in altri ruoli politici o di alta amministrazione al governo dello Stato, di Regioni e Comuni. Non si comprende peró perché questo non debba valere per i Consiglieri di Stato, che sono anch’essi magistrati, e per Prefetti, Questori, Carabinieri, Poliziotti e Finanzieri pure tenuti alla imparzialità come i Magistrati».
Allora il progetto dell’ex ministro Bonafede un tempo criticato dagli altri partiti era valido e ha messo tutti d’accordo?
«Evidentemente la politica e il governo della cosa pubblica vengono considerati dagli stessi politici incompatibili con il concetto di imparzialità. I politici dunque considerano impossibile che un eletto – inevitabilmente candidato in liste contrapposte e quindi “di parte” – possa essere imparziale. Quando la Costituzione è stata scritta a nessuno poteva venire in mente che un politico non fosse tenuto alla imparzialità nonostante la sua elezione democratica. Ma adesso con partiti personali, partiti azienda, partiti lobbies si ritiene comunemente che un politico rappresenti un interesse di parte e sia ontologicamente privo di imparzialità, se non nella sostanza, almeno nell’immagine. Quando parlai di questa norma che escludeva il rientro in magistratura dei magistrati eletti con Bonafede, gli dissi che non c’era altra soluzione e che la attuale normativa era ipocrita e insufficiente giacché consentiva di rientrare anche in ruoli giurisdizionali importanti, purché il magistrato eletto non fosse iscritto a nessun partito. Ma che differenza c’è tra la iscrizione al partito e far parte di un gruppo parlamentare essendo stati eletti in liste di Partito?»
Secondo lei la politica dovrebbe, e se sì in che modo, tenere conto di questa riforma?
«Bisogna tornare a dar vita a partiti veri, con uno statuto che li renda contendibili con elezioni primarie per le cariche interne e per la individuazione dei candidati, sia pure dentro la cerchia degli elettori cittadini che si dichiarano appartenenti alla formazione politica. Insomma dare loro una forma paraistituzionale in modo da porli alla base del sistema democratico».
A suo parere, che rapporto c’è ora tra la magistratura e la politica? Quest’ultima potrebbe approfittare del momento di debolezza della prima?
«La Magistratura ha una struttura autonoma e indipendente dal potere politico. Ma alcuni Magistrati per ragioni di carriera si sono fatti sponsorizzare da politici per scavalcare colleghi più meritevoli e imparziali. A queste condotte la riforma non pone rimedio giacché il Prossimo CSM vede comunque la presenza di politici il cui voto è spesso determinante per la carriera di vertice dei magistrati».
Nel giorno del suo insediamento, il Presidente della Repubblica Mattarella ha chiesto di riformare il Csm prima del suo rinnovo. Crede che il punto di incontro trovato basterà a risolvere questo annoso problema o si doveva fare altro?
«Bisognava eliminare completamente i politici dal CSM. Qui c’è una forte contraddizione. I Magistrati eletti non possono tornare alle loro funzioni al termine del mandato, ma i politici possono influenzare le loro carriere dirigenziali scegliendo i giudici e i pubblici ministeri più graditi assieme alle correnti politicamente più vicine. Un CSM fatto solo di Magistrati non subirebbe alcun ricatto politico».
Dalla partita quirinalizia i due schieramenti attuali, quello di centrodestra e di centrosinistra, sono usciti, chi più chi meno, ammaccati e comunque in via di ridefinizione. Lo scenario è in movimento. In questa chiave, quali sono le priorità secondo lei?
«Il PD aveva tra i suoi candidati al Quirinale anche Mattarella e quindi Letta ha riportato un grande successo che lo ha definitivamente rafforzato alla guida del nostro partito. Il M5S non aveva mai escluso Mattarella e quindi può dirsi soddisfatto. Poi è chiaro che solo il PD ha potuto gestire la partita in modo chiaro e senza conflitti interni grazie alla maggiore organizzazione, compattezza e omogeneità politica».
Nel quadro politico nazionale è disegnata la crisi del centrodestra, lo scontro interno dei 5 stelle ed il ritorno al proporzionale. Come si colloca la proposta della Federazione di liste civiche di cui lei è senza dubbio un riferimento importante?
«In tutte le città italiane e nella gran parte selle Regioni le liste civiche sono state decisive per la vittoria del centrosinistra e del fronte progressista col M5S. In Puglia ad esempio il PD ha preso meno del 20% dei voti e il candidato presidente è arrivato al 47% prendendo quasi 120mila viti più delle sue liste. Un delta del 30% colmato da liste civiche spesso ispirate o composte in parte da partiti ormai incapaci di superare lo sbarramento al 4%. Il PD attraverso il suo candidato presidente che sono io – lo ricordo a tutti – ha ispirato e organizzato diverse liste e ne ha tratto un grande vantaggio ottenendo quasi il 60% dei seggi utilizzando i voti delle liste che non hanno superato il quorum. Spero dunque che il PD abbia l’intelligenza di aprire la sua coalizione o le sue liste, decida solo come, alle liste civiche per evitare che esse sostengano altre aggregazioni.
Io auspico un patto politico tra civiche, PD e M5S per andare insieme in tutti i prossimi appuntamenti elettorali nei comuni e alle politiche.
I timori di singoli esponenti del Pd di fronte al successo delle liste civiche alle scorse elezioni comunali e provinciali non è frutto di una strategia politica, ma solo del timore che la grande alleanza tra civiche e PD possa pregiudicare le possibilità di rielezione dei singoli. E non mi pare che il compito del PD sia quello di garantire la rielezione di questo o quel singolo, ma di contribuire a vincere le elezioni per governare l’Italia assieme ad un “campo largo” di forze come ci ha invitato a fare Enrico Letta».
L’esperienza civica può senza dubbio avere un peso sulle Politiche che sono già dietro l’angolo. E in Puglia? Qualcuno dice che è linfa per una sua rinnovata forza.
«La mia forza non è personale, è collettiva. L’ho sempre utilizzata per consentire alla migliore classe dirigente della Regione di dare il suo contributo. Mai è stata messa a disposizione delle ambizioni dei singoli solo perché appartenenti ad un partito. Il PD era nato nel 2007 con questo progetto basato su valori, visioni e programmi progressisti e non ho cambiato idea».
Ultima domanda sui malumori nel Pd pugliese e l’elezione di Rocco Palese come assessore alla Sanità pugliese, c’è chi ha detto che si è minato la credibilità della Primavera pugliese. Eppure qualcuno continua a dire che quest’ultima sia morta da tempo.
«La Primavera pugliese è viva e vegeta e continua a dare frutti, adattandosi in quasi venti anni di vita al mutare delle cose e del quadro politico. Ricordo a tutti che la Primavera pugliese nacque con la mia vittoria nelle elezioni di Bari nelle quali spostammo da destra a sinistra 70mila voti che certo non erano voti di sinistra. Nelle nostre liste c’erano esponenti del centrodestra e questo fenomeno di coinvolgimento continuo di personale politico del centrodestra ha sempre contraddistinto la Primavera pugliese che non è mai stato un fenomeno ideologico, ma di buona e condivisa amministrazione della cosa pubblica. Con un programma chiaro, scritto in modo partecipato. Sia la mia amministrazione comunale che quella regionale di Vendola videro il continuo coinvolgimento di esponenti del centrodestra in ruoli decisivi, ma sempre al fine della realizzazione del nostro programma di governo che non è mai stato snaturato nei suoi valori e nei suoi contenuti.
Ricordo per tutti il consigliere di Alleanza Nazionale Di Gioia che divenne addirittura assessore al bilancio della Regione. Ed anche la giunta Vendola utilizzò un dirigente sanitario della Regione Puglia, il bravissimo Ettore Attolini, come assessore alla sanità dopo le dimissioni del prestigiosissimo Tommaso Fiore. Certo, Palese non è stato certo solo un dirigente sanitario. È stato anche un politico candidato addirittura alla presidenza della Regione. Ma a parte questa sua vicenda, rimane un assessore tecnico che già aveva, a titolo personale, spontaneamente sostenuto la mia candidatura alla Presidenza della Regione. Quindi dico al PD, al quale mi riscriverò non appena approvata la riforma Cartabia, di continuare a giocare di squadra, con programmi chiari, in modo inclusivo, perché è questo il metodo che ci ha portato in questi anni a cambiare in meglio la Puglia e le sue principali città».










