Con la scusa dell’ideologia, del far quadrare i conti, oggi, ancor più di ieri, in politica come nell’imprenditoria, regna sovrana l’anaffettività. Che è quel non-sentimento che spesso produce: lontananza, estraneità, mancanza di empatia.
Si bada al presente con la scusa di voler prevedere il futuro. Si cercano il voto e il guadagno facili con l’alibi di preservare i diritti dei cittadini e dei lavoratori, ma in realtà, sempre e solo, per arricchire il rendiconto personale.
Sia chiaro, l’anaffettività non è sfruttamento dell’altro, non è ladrocinio. È noncuranza e distanza nei confronti del prossimo. E questo, in politica come negli affari, è un errore madornale.
Sembra un ragionamento sui massimi sistemi, ma basta sbirciare il nostro quotidiano -speso a cercare di guadagnare un posto al sole o un conto in banca- per ammettere che invece siamo ai minimi termini. Siamo cicale che fanno finta di essere formiche. In ogni caso, sempre piccoli esserini rimaniamo. Piccoli ed egoisti.