Marche e Umbria si aggiungono alla Zona economica speciale. Con il via libera del Consiglio dei ministri, lo strumento pensato per attrarre investimenti e semplificare la burocrazia esce dai confini inizialmente individuati nel Mezzogiorno e arriva nel cuore dell’Italia. Un passaggio che amplia, così, la platea delle regioni beneficiarie di agevolazioni fiscali, doganali e crediti d’imposta per la nascita e l’ampliamento delle imprese.
Si tratta di una scelta che, tuttavia, sta suscitando non poche reazioni tra gli addetti ai lavori e sollevando quesiti relativi alle conseguenze di questa inedita estensione di un modello nato nel 2017 per le regioni meridionali e che, dopo anni di lentezze operative, ha cominciato a dare risultati tangibili solo dal 2024 con l’istituzione della Zes unica per il Sud.
Il caso locale
La Puglia è l’esempio più eclatante: in poco più di un anno, secondo la Corte dei Conti, sono stati avviati 1.600 progetti d’impresa, per un totale di 709 milioni di euro di investimenti, mentre quasi il 18% delle richieste di credito d’imposta nazionali provengono da qui.
Lo sportello digitale Sud Zes, attivo da marzo 2024, ha accelerato le procedure, riducendo i tempi di istruttoria e rendendo più accessibili le agevolazioni. Risultati che confermano come la Zes possa essere un motore di sviluppo concreto. Proprio per questo, però, l’ampliamento alle Marche e all’Umbria apre un fronte di perplessità: basteranno i fondi stanziati?
Lo stanziamento
La legge di bilancio ha aumentato il credito d’imposta da 1,8 a 2,2 miliardi di euro per il 2025, ma ora quelle stesse risorse dovranno essere divise con due nuove regioni. Il rischio, insomma, secondo gli analisti, è che la coperta si accorci, rallentando i progetti già avviati al Sud e generando nuove tensioni tra territori.
Il Governo difende la scelta come un atto di equità territoriale: estendere la Zes al Centro significherebbe superare la tradizionale frattura Nord-Sud e creare un sistema di incentivi nazionale. Marche e Umbria, d’altra parte, vedono nell’ingresso nella Zes una chance per invertire anni di crescita lenta, frenata da carenze infrastrutturali e da un tessuto imprenditoriale frammentato. Per questo, la sfida, ora, è tutta nella gestione delle risorse.
La Puglia, forte dei risultati raggiunti, chiede garanzie per non vedere svanire lo slancio costruito a fatica. Se il Governo saprà accompagnare l’allargamento con nuovi fondi e con una governance più solida, la Zes potrà diventare una leva stabile di sviluppo anche fuori dal Sud. In caso contrario, l’operazione rischia di trasformarsi in un gioco a somma zero, con il Centro che guadagna terreno e il Mezzogiorno che rallenta proprio mentre iniziava a correre.