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Strage di Ustica, la Procura di Roma chiede l’archiviazione. Si oppongono i familiari delle vittime

Sembra destinata a restare senza colpevoli la strage di Ustica. La Procura di Roma ha chiesto al gip l'archiviazione delle due inchieste sul Dc-9 Itavia che la sera del 27 giugno 1980 precipitò nel mar Tirreno, provocando 81 morti (tra questi i quattro membri dell'equipaggio e undici bambini). Le due ultime inchieste riguardano quella aperta nel…

Sembra destinata a restare senza colpevoli la strage di Ustica. La Procura di Roma ha chiesto al gip l’archiviazione delle due inchieste sul Dc-9 Itavia che la sera del 27 giugno 1980 precipitò nel mar Tirreno, provocando 81 morti (tra questi i quattro membri dell’equipaggio e undici bambini).

Le due ultime inchieste riguardano quella aperta nel 2008, a seguito delle dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, e quella del 2022 nata da un esposto presentato dall’ “Associazione per la verità su Ustica

Il velivolo partì il pomeriggio del 27 giugno da Bologna e sarebbe dovuto atterrare all’aeroporto di Palermo “Punta Raisi”, ma scomparve dai radar e precipitò nel mare, tra le isole di Ponza e Ustica. Per i pm lo scenario resta comunque quello della battaglia aerea ed è stata esclusa la pista della bomba esplosa a bordo

La Procura romana non sarebbe riuscita a identificare la nazionalità dei caccia in assetto da guerra che quella sera erano nei cieli di Ustica e che avrebbero provocato l’abbattimento dell’aereo diretto da Bologna a Palermo e dunque a individuare i responsabili.

E questo nonostante le decine di rogatorie internazionaliin particolare quelle degli ultimi anni con la Francia e gli Usa – e le numerose testimonianze raccolte dai magistrati. Ci sarebbe stata poca trasparenza nella collaborazione fornita dai Paesi ai quali l’Italia si è rivolta, con informazioni incomplete, non riscontrabili e in alcuni casi addirittura fuorvianti.

«In questi anni siamo passati dall’amarezza allo sdegno, allo sconforto, alla nausea. Ma l’unico sentimento che in me, finché sono vivo, non avrà mai spazio è la rassegnazione. Lo devo a mia sorella e a mia nipote, lo devo ai miei genitori morti senza conoscere la verità». Racconta Anthony De Lisi, fratello di Elvira e zio di Alessandra, due delle 81 vittime.

Già in passato De Lisi non aveva esitato a parlare di “depistaggi” e “mistificazioni“. «Il depistaggio è negli atti – dice – nei registri scomparsi, nei fogli cancellati, nella storia delle indagini, nella decina di morti che in questi anni si sono susseguite».

«Capisco la complessità e la difficoltà di superare alcuni elementi diplomatici, ma bisogna rispettare le 81 vittime e i loro familiari che vogliono verità dopo 45 anni».

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