Una stretta di mano appena entrati in aula. Uno sguardo, e le parole di Roberto Saviano al ministro Matteo Salvini: “Vergognati”, a cui il leader della Lega replica telegrafico: “Incominciamo bene”. Il duello si è consumato davanti al giudice monocratico di Roma, nel processo che vede imputato lo scrittore per diffamazione, dopo una querela presentata nel giugno del 2018 dall’allora capo del Viminale. Una vicenda giudiziaria legata a una serie di post che lo scrittore pubblicò sui social e in uno dei quali definì Salvini “ministro della malavita”.
La discussione
«È una frase che ha usato il maestro Gaetano Salvemini e io ritengo – ha spiegato Saviano – di avere tutto il diritto di utilizzare questo paradigma per criticare Salvini». «È un maleducato, ma non è certo un reato», è stata la replica del vicepremier in aula, che ha poi rincarato la dose sui social: «Saviano in tribunale si è nascosto dietro una citazione di Salvemini e ha provato a buttarla in caciara». Botta e risposta che non finisce qui.
Il ministro ha infatti ribadito la sua volontà di andare avanti nel procedimento e di non voler ritirare la querela. Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, il leader del Carroccio ha sostenuto che con quelle parole Saviano ha voluto far «riferimento a una contiguità alla ‘ndrangheta che a me fa orrore».
Dal canto suo, Saviano, in una lunga dichiarazione in aula è tornato ad attaccare il ministro parlando «dell’allarme lanciato dall’Anac sugli appetiti criminali e i rischi concreti di infiltrazioni mafiose nella gestione dei lavori per il Ponte sullo Stretto». Poi l’affondo: «le organizzazioni criminali brinderanno quando la prima pietra verrà posta». Sulla deposizione del leader del Carroccio, lasciando piazzale Clodio, ha aggiunto: «mi ha sconvolto perché non si ricordava, ometteva: ha balbettato qualcosa sulle scorte, che per lui era una valutazione politica».