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I tassi d’interesse spingono gli utili bancari: oltre 112 miliardi di euro in tre anni

Il rapporto della Fabi racconta di un settore bancario in ottima salute, almeno da punto di vista degli utili. Dunque, gli utili bancari continuano a salire nell’era dei tassi alti, mentre il credito resta il cuore del business e commissioni e redditività continuano a salire. Sono i paletti del campo fotografato dal rapporto Fabi (federazione…
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Il rapporto della Fabi racconta di un settore bancario in ottima salute, almeno da punto di vista degli utili. Dunque, gli utili bancari continuano a salire nell’era dei tassi alti, mentre il credito resta il cuore del business e commissioni e redditività continuano a salire. Sono i paletti del campo fotografato dal rapporto Fabi (federazione autonoma bancari italiani) relativo al 2024 che è stato archiviato con un nuovo massimo degli utili netti da parte delle banche italiane, pari a un totale di 46,5 miliardi di euro, in crescita di 5,7 miliardi (+14%) rispetto al 2023. Praticamente nell’ultimo triennio, gli utili netti degli istituti bancari del Belpaese si sono attestati a oltre 112 miliardi di euro, favorito a un contesto monetario favorevole e dalle decisioni della Banca centrale europea che ha mantenuto alti re sotto controllo l’inflazione.

Il contesto

La grande “abbuffata” inizia dal 2022, praticamente con la fine dell’emergenza pandemica e in risposta a una fase meno effervescente, sia pure con utile sempre con segno positivo. Infatti, la fase ascendente era timidamente iniziata nel periodo – con utili oscillanti tra i 15 e i 16 miliardi – per schizzare negli anni successivi, passando da 25,5 miliardi nel 2022 a oltre 40,7 miliardi nel 2023, fino ai 46,5 miliardi del 2024. A cui deve aggiungersi la voce ricavi, visto che lo scorso anno i ricavi del settore hanno raggiunto quota 110,1 miliardi, con una crescita del 7,2% rispetto al 2023 e un balzo del 33,8% sul 2018.

E ancora, il credito si è ripreso la scena dopo la lunga pausa legata ai tassi d’interessi prossimi allo zero o nulli. Ora rappresenta il 58,5% dei ricavi totali, consolidando il controsorpasso sulle commissioni (41,5%), che per tre anni – dal 2019 al 2021 – avevano dominato la composizione del fatturato bancario.

Il cambio

Il 2022 è stato l’anno della svolta, grazie al rialzoo dei tasi d’interesse deciso dalla Bce che ha influito sul cambio di modello di business bancario, tanto che il margine di interesse ha guadagnato 17 punti percentuali in termini di peso relativo sul totale dei ricavi, «segnando un passaggio strutturale da un sistema orientato ai servizi a uno nuovamente centrato sull’attività creditizia». Inoltre, «le commissioni tornano a crescere nel 2024 dopo due anni di flessione, raggiungendo 45,7 miliardi di euro (+12,4% sul 2023), un livello superiore al picco del 2021». Altro dato che “aiuta” il quadro positivo del sistema bancario italiano è legato ai prestiti in “stadio 2” – ovvero quei finanziamenti che, pur essendo classificati come “in bonis”, presentano un significativo aumento del rischio di credito – calati al 9,9% a livello aggregato, con valori ancora più bassi per i grandi gruppi. Ottimi anche gli indici di efficienza e redditività: il cost/income è sceso al 53,2%, dal 63,1% del 2022 e dal 71,2% del 2020; il Roe (return on equity) è salito al 13,3%, rispetto al 9% del 2022 e allo 0,9% del 2020, segno di una piena normalizzazione dei ritorni sul capitale.

La dichiarazione

«Tra margini e commissioni le banche continuano a fare utili a valanga, arricchendosi ancora di più dopo la fase dell’aumento dei tassi. Parliamo di superutili, in parte derivanti dalla stagione degli alti tassi di interesse, in parte dalle commissioni, mai tassati dal governo e oggi usati dalle banche stesse per il cosiddetto risiko con la sponda dell’esecutivo Meloni» scrivono i parlamentari M5s delle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato che aggiungono «questi utili sembrano aver appagato solo gli appetiti degli azionisti, non l’economia reale: d’altro canto veniamo da quasi due anni consecutivi di calo dei prestiti non solo a causa di un calo della domanda ma anche di condizioni spesso talmente onerose da allontanare il tessuto produttivo».

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