La tregua tra Israele e Hamas resta appesa a un filo. Mentre Donald Trump rivendica di aver «fermato Netanyahu» e annuncia la sua intenzione di recarsi a Gaza per presiedere il «board of peace», le tensioni sul terreno non cessano.
Israele ha bombardato la zona di Sheikh Nasser, nel sud della Striscia, nonostante il cessate il fuoco. Sul piano politico, dopo le pressioni di Washington, Netanyahu ha ordinato di sospendere i progetti di annessione della Cisgiordania, giudicati «una minaccia per la pace» dal segretario di Stato americano Marco Rubio e criticati da Turchia, Arabia Saudita, Spagna e Pakistan.
L’Onu, attraverso il segretario generale Antonio Guterres, ha accolto «con favore» il parere della Corte internazionale di giustizia che impone a Israele il rispetto dei propri obblighi come potenza occupante. Tuttavia, fonti israeliane escludono il ritorno dell’Agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA) a Gaza, nonostante la sentenza dell’Aia.
Sul fronte umanitario, l’Oms avverte che serviranno almeno sette miliardi di dollari per ricostruire il sistema sanitario della Striscia, dove restano 15 mila pazienti in attesa di evacuazione e la fame continua a mietere vittime. L’Italia, insieme alle Regioni, ha avviato una raccolta di aiuti – ambulanze, ospedali da campo, tende e letti – per sostenere la popolazione palestinese.
Intanto, gli Stati Uniti valutano la creazione di una forza internazionale per il disarmo di Hamas, mentre il Wall Street Journal rivela un piano per dividere Gaza in aree controllate separatamente da Israele e dal movimento islamista. Un’ipotesi che incontra la ferma opposizione dei Paesi arabi.
A complicare il quadro, la prospettiva di una «nuova Autorità nazionale palestinese» senza Abu Mazen e le incognite sulla ricostruzione. Tra dichiarazioni, tregue parziali e progetti controversi, la pace resta un obiettivo ancora lontano