Si è aperto a Johannesburg il Vertice dei Leader del G20, il primo ospitato in Africa, in un clima segnato da tensioni geopolitiche, assenze pesanti e un crescente bisogno di cooperazione internazionale. Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha inaugurato i lavori richiamando la necessità di «riformare l’architettura finanziaria globale e affrontare le grandi sfide del nostro tempo che mettono a repentaglio il nostro futuro collettivo: conflitti armati, crisi climatica, sicurezza energetica e alimentare, disuguaglianze».

Giorgia Meloni, arrivata ieri in Sudafrica, ha partecipato attivamente alle sessioni dedicate alla crescita inclusiva e alla transizione energetica, ribadendo il ruolo dell’Italia in Africa attraverso il Piano Mattei. La premier ha annunciato l’intenzione di «ampliare i Paesi» coinvolti e citato progetti concreti, dal corridoio di Lobito alle iniziative sull’intelligenza artificiale. Sul fronte energetico ha sottolineato l’importanza della «neutralità tecnologica e della ricerca sul nucleare da fusione, capace di cambiare la storia».

Nel suo intervento sulla sicurezza alimentare, Meloni ha ricordato il lavoro con Algeria, Senegal, Ghana e Congo per sviluppare produzioni agricole locali, con l’obiettivo di sostenere l’autosufficienza africana. Ha inoltre rinnovato l’impegno contro l’immigrazione irregolare, rilanciando un piano educativo con la Nigeria per 750 milioni di bambini.
La giornata è stata anche segnata da un incontro tra Meloni e il premier cinese Li Qiang, volto a rafforzare il dialogo bilaterale, e dalle dichiarazioni del presidente francese Macron, che ha messo in guardia sul rischio che il G20 «perda la sua ragion d’essere» senza risposte concrete a crisi come Ucraina, Medio Oriente e Sudan.
Assente Donald Trump, che ha denunciato presunte violazioni dei diritti degli afrikaner, pur lasciando aperta la possibilità di una partecipazione «in qualche forma». L’Argentina, invece, ha contestato la dichiarazione finale, accusando il gruppo di aver ignorato il principio del consenso.
Dalle riforme dell’Onu all’intelligenza artificiale, dal cambiamento climatico al debito dei Paesi più vulnerabili, Johannesburg si conferma terreno di confronto decisivo in un mondo sempre più diviso ma costretto alla cooperazione. Domani, 23 novembre, è prevista l’ultima sessione: i leader discuteranno di minerali critici, lavoro dignitoso e intelligenza artificiale. A seguire, cerimonia di chiusura e evento per la stampa.










