Dodici anni di Papa Francesco, tutto inizia con la “rinuncia” di Benedetto XVI l’11 febbraio 2013 davanti al collegio cardinalizio. Il pontefice della Chiesa cattolica, nato Josè Mario Bergoglio, argentino, discendente di immigrati piemontesi, celebra in ospedale l’anniversario del suo ministero di 266esimo successore di Pietro partito il 13 marzo 2013.
Dalla loggia di San Pietro stupì il mondo con un confidenziale “buonasera”, ma soprattutto scegliendo il nome più evocativo e mai violato: «qui sibi nome imposuit, Franciscus», disse il cardinale protodiacono Jean-Louis Pierre Tauran a Roma e al mondo che il nuovo Capo della Chiesa si sarebbe chiamato come il poverello di Assisi. «È venuto il nome, nel mio cuore. È per me l’uomo della povertà, della pace, che ama e custodisce il creato», spiegò il nuovo Papa poco dopo, confermando che si trattava di un manifesto. Francesco dopo i travolgenti 27 anni di San Giovanni Paolo II e gli otto “dell’umile servo della vigna del Signore” irrompe nella storia con la granitica fede dei Gesuiti, di Sant’Ignazio di Loyola.
Gli esordi
I primi giorni di pontificato dicono al mondo che la Chiesa è viva e risponde con uno dei suoi uomini più amati, ma anche più determinati ad affermare la forza della Fede. Sono gli anni dei romanzi di Dan Brown, degli angeli e soprattutto dei demoni, come le accuse di pedofilia e abusi sessuali al mondo ecclesiastico, ma anche dell’irrompere della cultura gender e dei temi woke, che ledono quei “principi non negoziabili”, a partire dalla difesa della vita, sempre: sia che si parli di aborto che di eutanasia. In mano la borsa da viaggio, con dentro “bibbia e rasoio” infrange tetti di cristallo: «chi sono io per giudicare chi è gay?», dice tornando da Rio De Janeiro a luglio 2013.
Le riforme
Non solo etica, ma anche riforme, con un rosario di cambiamenti: rinnova la Curia, il potere esecutivo della Chiesa, cambia gli istituti finanziari, a partire dallo Ior, approva un nuovo codice penale e modifica il catechismo. I dogmi della fede di Bergoglio, invece, sono scolpiti in tre encicliche, la prima, Lumen fidei, scritta a quattro mani con Ratzinger, ma anche nelle esortazioni apostoliche e nei motu proprio, contestualmente all’impegno sociale nella storia del mondo che incrocia Francesco con nuove guerre in Europa, in Terra Santa e con una miriade di conflitti che definisce “terza guerra mondiale a pezzi”. Tutela dell’ambiente e accoglienza dei migranti s impongo al Papa dichiarazioni continue. Che si tratti dell’Angelus domenicale o della partecipazione al G7, Francesco non smette di stimolare governanti e governati all’accoglienza e alla cura per il pianeta. Così come da solo, nell’immagine che resterà il simbolo del pontificato nella storia, sotto la pioggia, in una lugubre e buia piazza San Pietro, affronta, a Pasqua del 2020, vestito di bianco, la pandemia da Covid che imprigiona il mondo portando sulle sue spalle la croce miracolosa di San Marcello che deve “salvare il mondo”.
Il Papa social
È stato definito “liberale e progressista”, ma anche il primo papa “social”, presente su tutte le piattaforme. Pontefice di due giubilei: quello straordinario della misericordia nel 2016 e quello ordinario della speranza che lo aspetta con ansia.
