A molti sembrano solo elementi dettati dalla contingenza, ma tra i più esperti delle trame e degli orditi che si tessono tra il Transatlantico e il salone Garibaldi, le due anticamere delle aule parlamentari di Montecitorio e Palazzo Madama, dove si montano e smontano intese e accordi e dove si intrecciano sgambetti e imboscate, quello di Elly Schlein sembra “un nuovo corso dettato dalla sconfitta pesante ai cinque referendum e dalla subalternità che pretende Giuseppe Conte”, dice una fonte vicina ai parlamentari del Pd dell’ala riformista.
D’altronde, sia la discussione in Parlamento sull’informativa della premier Giorgia Meloni prima del Consiglio europeo, in corso a Bruxelles, e del vertice Nato, sia la mancata partecipazione alla manifestazione per il disarmo organizzata dal Movimento 5Stelle e da Avs la scorsa settimana e soprattutto la lunga telefonata tra la segretaria dem e Giorgia Meloni dopo l’escalation in Medio Oriente di tre giorni fa vengono lette come “prove” di una virata da parte del Nazareno verso posizioni meno “barricadere”.
Il retroscena
La verifica, però, per capire se questo comportamento di Schlein sia davvero un “nuovo inizio”, ci sarà a metà del mese di luglio quando prima la direzione e poi l’assemblea del partito dovranno discutere, appunto, di questi temi, a partire dall’analisi della debacle referendaria. In quel contesto si capirà “se ci troviamo di fronte a una inversione reale”, dice sempre uno dei “riformisti”.
Gli stessi che pur ipotizzando un congresso a inizio 2026 non hanno ancora un punto di riferimento condiviso, dopo il disimpegno di Stefano Bonaccini. Certo, ci sono esponenti di primo piano: dal sempreverde sindaco di Milano Beppe Sala ad Antonio Decaro, dal primo cittadino di Napoli, Gaetano Manfredi a Giorgio Gori, fino alla pasionaria “liberal” Pina Picierno, la più determinata a contestare le scorse settimane la deriva “barricadera” del Pd al fianco di Giuseppe Conte, Maurizio Landini, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli.
Di conseguenza, come raccontano al Nazareno, «Schlein non si sta facendo dettare l’agenda da nessuno» e proprio la scelta di lasciare a Conte «l’opposizione radicale» farebbe della segretaria «l’alter ego della premier Meloni» e la naturale leader di un fronte che non crede alle posizioni estremiste, a partire proprio dalla politica estera, ma anche su temi interni come le questioni legate al lavoro, ai migranti e alla sicurezza, e che si pone come il controcanto al governo di centrodestra che mai come in questi mesi sembra diviso.
Basti guardare la questione del terzo mandato per i governatori o il cammino delle riforme del premierato e della separazione delle carriere che viaggiano a scartamento ridotto nelle commissioni parlamentari. Distinguo che potrebbero favorire nuove convergenze al centro, lo stesso punto dove sembra stia guardando Schlein.