Vannacci si, Vannacci no. La Lega si corrode ancora in questo velenoso interrogativo, anche se ha definitivamente deciso di non far candidare il generale, vice di Salvini, alle regionali pugliesi.
Il caso Vannacci resta vivo e destabilizza il partito che su questo ha rischiato di spaccarsi. Salvini non riesce a prendere atto che la Lega non la salverà Vannacci, ma una corretta rimodulazione della propria proposta politica, più attenta ai territori, come egli stesso fece qualche anno fa, quando cancellò il Nord dal simbolo e decise di scendere al Sud.
Il generale è trainante su alcuni temi, ma elettoralmente non centra l’obiettivo. Buca lo schermo, ma purtroppo buca (in senso negativo) l’urna. In Toscana, Salvini lo ha messo alla prova, affidandogli la gestione della campagna elettorale. Risultato: 4,3 per cento. Con questi numeri non si va da nessuna parte, e la Lega in Puglia con Vannacci metterebbe a rischio il raggiungimento del quorum.
Il compito di superarlo, adesso, è affidato a Roberto Marti, che si candiderà in più collegi per tirare su il morale e dimostrare a Salvini che il Sud paga. Nel frattempo, Salvini dovrà sollecitare a Vannacci il pagamento delle quote parlamentari al partito, cosa che tutti (o quasi) gli eletti fanno, tranne lui.
Il generale ha raggranellato un debito di 30mila euro dagli stipendi di Bruxelles. Insomma, non solo non porta voti, non porta nemmeno soldi.
