L’analisi diffusa sabato scorso dalla Cgia di Mestre sulla crescita del pil a livello europeo, nazionale e regionale, conferma i dati dell’Istat, anche se li amplifica.
La ricerca dell’ufficio della Cgil veneta, infatti, misura il pil cosiddetto reale, che è diverso da quello tecnico certificato dall’Istat, che è il dato di riferimento di qualsiasi analisi socio-economica.
Anche il dato Istat evidenzia come il Sud e la Puglia, a livello di pil, siano cresciuti più di molte zone del Nord nel dopo-Covid. Quello della Cgia rafforza notevolmente questo risultato e fa schizzare la Sicilia al primo posto e la Puglia al terzo subito dopo la Lombardia, ma per appena lo 0,1. Di contro, il dato Istat 2025 mette al primo posto, come crescita del pil (+0,7), Veneto, Trentino, Valle d’Aosta, e relega le regioni del Sud a livelli inferiori anche se decisamente diversi da quelli storici quando prevaleva il segno meno (Campania +0,6,Sicilia +0,5,Puglia +0,4).
Chi ha ragione? Il dato ufficiale è quello Istat, ma l’analisi della Cgia non si discosta molto dalla realtà. Il Sud sta crescendo più del Nord anche se questo non viene ancora pienamente certificato dai dati.
Tuttavia, a tagliare la testa al toro, dimostrando che il divario c’è ancora ed è pesante, è un altro dato che stavolta accomuna Istat e Cgia, quello della ricchezza pro capite. Un milanese guadagna 75.127 euro, un napoletano 25.832, un brindisino 23.274. Di terreno da recuperare ne abbiamo parecchio.









