Non c’è ancora, ma già rischia di saltare. È il famoso ponte sullo Stretto, di cui Salvini aveva annunciato la posa della prima pietra a gennaio.
La Corte dei Conti ha bocciato la delibera Cipess per il finanziamento dell’opera (al momento 13,5 miliardi) e il ponte, che doveva avvicinare la Sicilia all’Italia, adesso si allontana.
I giudici contabili hanno sollevato parecchie perplessità. Il Governo, se vuole realizzarla, deve ricominciare la procedura e rifare la gara d’appalto. Atti che richiedono così tanto tempo da far dire a Palazzo Chigi che, a questo punto, il ponte salta.
L’unico a crederci ancora è il ministro per le infrastrutture Salvini, che ha davanti a sé, però, due problemi insuperabili: il costo dell’opera e l’appalto. Il ponte non costerà 13,5 miliardi, ma il doppio e i soldi non ci sono.
Nel 2003 l’appalto venne assegnato alla italiana Eurolink sul presupposto che l’opera sarebbe stata finanziata dalla stessa ditta, e Salvini vorrebbe confermare l’incarico, anche se oggi le cose sono cambiate: il ponte si dovrebbe finanziare con soldi pubblici. Questo capovolge i criteri della gara, che andrebbe rifatta. Ma alla nuova parteciperebbero cordate internazionali che si aggiudicherebbero i lavori facilmente.
Perchè questi soldi dobbiamo darli ai cinesi? Dice giustamente Salvini. Ma perché dobbiamo fare il ponte assolutamente? È quello che ci permettiamo di chiedere noi, da comuni cittadini.










