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Vladimir Luxuria compie 60 anni: «Vissuti tra dolore, orgoglio e amore della famiglia» – L’INTERVISTA

Vladimir Luxuria compie sessant’anni oggi, 24 giugno. Certi giri di boa fanno impressione anche perché Vlady, come la chiamiamo sempre, ci ha sempre dato l’idea di qualcosa di giovane, trasgressivo, di una sincerità disarmante. Vlady, che botta questi 60. Certo, meglio girare questa boa perché l’alternativa è di certo peggiore. «Già, divento maggiorenne. E mi…
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Vladimir Luxuria compie sessant’anni oggi, 24 giugno. Certi giri di boa fanno impressione anche perché Vlady, come la chiamiamo sempre, ci ha sempre dato l’idea di qualcosa di giovane, trasgressivo, di una sincerità disarmante.

Vlady, che botta questi 60. Certo, meglio girare questa boa perché l’alternativa è di certo peggiore.

«Già, divento maggiorenne. E mi rendo conto che vengo presa come una signora piuttosto elegante, ma matura».

Festeggerai?

«Sì, in famiglia perché dalla famiglia ho tratto la mia forza dopo tanto viaggiare, dopo tanto apprendere e anche dopo tanto soffrire perché, diciamolo, la vita ci dà tutto, il bene e il male, il piacere e purtroppo anche il dolore. In famiglia dovremmo ricevere tutti una carezza sul cuore e la mia ha saputo darmela e me la dà tuttora».

Ricordo che gli inizi non è stato facile per te farti accettare dalla tua famiglia, a Foggia, dove ti eri abituata a tornare a casa con gli occhi neri, dove i bulli ti tiravano le pietre perché eri gay, poi trans.

«E non è stato facile neanche per loro scoprire di avere un figlio che non era quello che si immaginavano».

Chi ha fatto il primo passo?

«Entrambi, tutti. Le mie due sorelle hanno fatto un lavoro di avvicinamento con i miei genitori, hanno parlato, hanno spiegato, ma anch’io ho dovuto fare un lavoro di avvicinamento. Ho dovuto farmi conoscere dai miei genitori e loro si sono aperti, hanno parlato, credo abbiano anche pianto».

Lacrime, sì, per un amore ritrovato, quello di un figlio che diventava una figlia, comunque da amare e che comunque li amava. Mi ha commosso quando ho letto che tuo padre, camionista, ha guidato il suo camion a Foggia al corteo del Pride.

«Mio padre è uno degli uomini più dolci e buoni che ci siano nella vita, di una bontà assoluta. Al Pride di Foggia c’era anche mio fratello, che è un uomo grande e grosso e lavora come commercialista. Al Pride lui è voluto essere vicino a noi. Ironicamente si è messo pure un boa di struzzo. E questo la dice lunga sulla mia famiglia e su mio fratello: lui è un tifoso del Foggia, con amici ultras, con frequentazioni molto virili in ambienti molto virili, ma è molto orgoglioso anche di me e mi vuole bene come io voglio bene a lui».

Negli anni spesso mi hai raccontato che oggi quando torni nella tua città capita che quelli che ti deridevano per strada e ti insultavano oggi corrono da te e chiedere un selfie. Potenza della televisione.

«Sì è vero ed è come una vendetta fredda, vedere chi mi disprezzava che oggi mi adula. Però è una cosa anche positiva: significa che la televisione mi ha permesso di parlare di certi problemi, di certe esistenze, di certe realtà che venivano ignorate o peggio venivano volutamente evitate».

La tua gioventù a Foggia deve essere stato un incubo…

«Non solo, perché chi mi ha conosciuta mi ha subito apprezzata, chi aveva modo di parlare con me capiva chi ero e non solo mi accettava, ma addirittura mi voleva accanto. Pensa che a Foggia, nel mio istituto scolastico, sono stata eletta rappresentante d’istituto, ripeto, eletta. La mia prima elezione quindi non è stata al parlamento come deputato, ma a Foggia, nella mia città, nella mia scuola».

Certo che tu eri una grana: perché sei sempre stata una bandiera, ti sei sempre messa in mostra, sei stata un’attivista.

«Ed è forse per questo che sono amata. Perché ho dato. E non mi sono mai piegata. Non ho mai accettato, neanche nel lavoro, di fare qualcosa in cui non credevo. Ho perso anche dei soldi, ho perso tante occasioni. Felice di averlo fatto».

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