SEZIONI
SEZIONI
Bari
Sfoglia il giornale di oggiAbbonati

Renzo Arbore, l’anarchico gentile del varietà: gli 88 “giri” del genio pop contemporaneo

Una camicia hawaiana. Un sorriso largo come una jam session. Un clarinetto stretto in mano come una bandiera. Renzo Arbore - 88 anni ieri - non ha mai smesso di suonare fuori dal coro. Dai primi dischi jazz ascoltati a Foggia ai microfoni della radio romana, ha riscritto le regole del pop italiano senza chiedere…
l'edicola

Una camicia hawaiana. Un sorriso largo come una jam session. Un clarinetto stretto in mano come una bandiera. Renzo Arbore – 88 anni ieri – non ha mai smesso di suonare fuori dal coro. Dai primi dischi jazz ascoltati a Foggia ai microfoni della radio romana, ha riscritto le regole del pop italiano senza chiedere permesso. Con “Bandiera Gialla” (1965), insieme a Gianni Boncompagni, mette il beat nelle orecchie di una generazione che non sapeva ancora di avere diritto al ritmo. È la radio libera prima della radio libera, tra linguaggi nuovi, slang e spirito underground. Poi arriva “Alto Gradimento”, uno show dove la musica si mischia all’assurdo, i personaggi sembrano usciti da un disco dei Beatles suonato dai Monty Python e le sigle restano tatuate nella memoria. In mezzo, esperimenti a metà tra dadaismo e varietà, dove ogni battuta è una rivoluzione dolce, fatta col sax anziché con le pietre. Arbore non fa satira: scardina la normalità con il sorriso.

Tv e notti senza filtro

Nel ’76 sbuca “L’Altra Domenica” e il pomeriggio della Rai diventa zona franca per freak, comici, visioni. Ma è con “Quelli della Notte” (1985) che Arbore tocca l’apice: un’orgia di nonsense, surreale come un sogno in diretta, dove si ride senza sapere bene perché, ma si resta ipnotizzati. Frassica, Marisa Laurito, Riccardo Pazzaglia, Andy Luotto: l’Italia conosce il culto della notte. Due anni dopo arriva “Indietro Tutta!” e la tv si ribalta: quiz demenziale, ragazze coccodè, gag a valanga. Il varietà diventa un happening postmoderno. Renzo gioca con l’etere come se fosse un sintetizzatore: improvvisa, distorce, esagera. Dietro le lenti da intellettuale napoletano, c’è un punk gentile, un anarchico del prime time. «Facevo varietà che dovevano finire» dirà, «non format eterni». La sua tv? Una festa, con invito libero e dress code: ironia. E il pubblico, ogni sera, balla.

Napoletano del mondo

Arbore è anche cinema, con la follia de “Il Pap’occhio” (1980) e “F.F.S.S.” (1983): due trip audiovisivi in cui tutto è permesso e niente è lineare. Film che mescolano Fellini, tv verità, videoclip e cabaret, capaci di anticipare il linguaggio del futuro. Ma è la musica a restare il suo sangue: nel 1991 fonda l’Orchestra Italiana e porta la canzone napoletana in giro per il mondo, da New York a Tokyo, da Buenos Aires a Mosca. Alla Carnegie Hall fa piangere col mandolino. All’Opera di Roma fa muovere i piedi. Non è revival, è reinvenzione. La sua missione? Restituire dignità ai classici napoletani, da Di Giacomo a Viviani, passando per Carosone. Renzo Arbore ha preso la cultura pop italiana, l’ha shakerata con lo swing, ci ha messo dentro Eduardo, Elvis, Totò, Dylan, la Nutella e l’ha servita in diretta nazionale con una risata. Oggi lo celebrano come “maestro”. Ma lui resta quello con la camicia sgargiante, che suona il clarinetto come fosse un microfono e dice alla platea: divertitevi, pensateci dopo.

CORRELATI

Cultura e Spettacoli, Foggia","include_children":"true"}],"signature":"c4abad1ced9830efc16d8fa3827ba39e","user_id":1,"time":1730895210,"useQueryEditor":true,"post_type":"post","post__in":[450286,433673,442922],"paged":1}" data-page="1" data-max-pages="1" data-start="1" data-end="3">

Lascia un commento

Bentornato,
accedi al tuo account

Registrati

Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!