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Licenziamenti nelle piccole imprese, il risarcimento può superare le sei mensilità

Questo contributo è a cura dell’osservatorio diritto del lavoro Una recente decisione della Corte Costituzionale ha cambiato le regole sul risarcimento nei casi di licenziamento ingiusto nelle piccole imprese con meno di 15 dipendenti. Fino a pochi giorni fa, chi veniva licenziato senza una valida ragione poteva ricevere al massimo sei mensilità di stipendio come…
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Questo contributo è a cura dell’osservatorio diritto del lavoro

Una recente decisione della Corte Costituzionale ha cambiato le regole sul risarcimento nei casi di licenziamento ingiusto nelle piccole imprese con meno di 15 dipendenti. Fino a pochi giorni fa, chi veniva licenziato senza una valida ragione poteva ricevere al massimo sei mensilità di stipendio come indennizzo. Adesso non è più così. Con la sentenza numero 118 del 21 luglio 2025, la Corte ha stabilito che questo tetto massimo è incostituzionale. Il motivo? Una cifra fissa e così bassa non basta a garantire un risarcimento giusto per chi perde il lavoro senza colpa. D’ora in poi, i giudici potranno decidere caso per caso, assegnando al lavoratore da un minimo di 3 a un massimo di 18 mensilità. Questo nuovo margine permette di valutare meglio la situazione specifica: ad esempio, se la persona lavorava da molti anni, se ha più difficoltà a trovare un nuovo impiego, o se il licenziamento è stato particolarmente scorretto.

La sentenza

La decisione della Corte è molto importante perché rafforza i diritti dei lavoratori anche nelle aziende più piccole, che in Italia sono tantissime. Finora, chi lavorava in queste realtà aveva tutele più deboli rispetto a chi era assunto in imprese più grandi. Il risarcimento, spesso basso e prestabilito, non teneva conto delle reali conseguenze personali ed economiche del licenziamento. In pratica, la Corte ha detto che non si può trattare ogni caso allo stesso modo e che la cifra del risarcimento non può essere “standard” per tutti. Serve invece un giudizio più umano, che consideri le circostanze concrete. Una cosa però non cambia: anche con questa nuova decisione, chi viene licenziato ingiustamente non potrà tornare al lavoro. Nelle piccole imprese, infatti, la legge non prevede la possibilità di essere reintegrati nel posto perso, come invece può accadere in aziende con più di 15 dipendenti. Il risarcimento economico resta quindi l’unica forma di tutela prevista.

Lo scenario

Negli ultimi anni ci sono stati molti dibattiti e anche tentativi di modificare la legge attraverso il Parlamento e perfino con un referendum popolare. Uno di questi tentativi, che chiedeva l’abolizione del tetto delle sei mensilità, non ha superato il quorum e quindi non è stato valido. Alla fine, è stata la Consulta, cioè la Corte Costituzionale, a intervenire, correggendo una norma che era in vigore dal 2015 (cioè dal cosiddetto “Jobs Act”). D’ora in avanti, i giudici del lavoro avranno più libertà di valutare i casi di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese e potranno assegnare un risarcimento più alto, se lo riterranno giusto. Questo vale sia per le nuove cause che per quelle già in corso, che potranno essere aggiornate alla luce della nuova sentenza. La Corte ha anche suggerito al Parlamento di rivedere le regole su questi temi, magari considerando anche altri fattori oltre al numero di dipendenti, come il fatturato dell’azienda o le sue reali possibilità economiche. Questo per evitare che imprese che in realtà sono ben solide possano approfittare di regole pensate per chi è davvero in difficoltà. Questa sentenza rappresenta una piccola rivoluzione nel mondo del lavoro italiano, soprattutto per chi è impiegato in piccole realtà. Finalmente viene riconosciuto che anche in questi contesti il licenziamento ingiustificato deve essere risarcito in modo equo, e che ogni situazione va valutata con attenzione e buon senso. Un messaggio chiaro arriva dalla Consulta: la dignità del lavoro non ha una taglia. E anche chi lavora in un’azienda di 5 o 10 persone ha diritto a essere trattato con rispetto e giustizia, soprattutto quando perde il proprio impiego senza colpa.

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