Tra Euripide e Godard, tra la drammaturgia greca e la cinepresa di un film francese, tra Medea e Pierrot le fou: nel segmento tra il tragico e la psicanalisi, in un battito di ciglia che dal Teatro di Dioniso ci sposta al contemporaneo, si collocano i Violent Scenes, gruppo musicale formato da Giorgio Cuscito (voce, basso, chitarra), Gianfranco Maselli (chitarra, basso, elettronica), Gianvito Novielli (chitarra, elettronica) e Antonio Iacovazzi (batteria, elettronica), quattro giovani pugliesi che mercoledì 26 gennaio pubblicheranno il loro nuovo EP “Rebirth”, distribuito da Artist First. Prodotto da Stand Alone Complex – l’etichetta dei VS messa su insieme al regista Isacco Nucleare – l’EP è stato mixato da Gianvito Novielli e masterizzato da Gianmaria Dell’Area. Abbiamo intervistato i protagonisti di questo viaggio tra note e voce, tra l’elettronica e la natura.
Un album, un EP, uno spettacolo teatrale, sonorizzazioni di Godard, Lynch e anime: in cinque anni i Violent Scenes hanno dato alla luce diversi lavori. Ma come sono nati?
«I Violent Scenes sono nati nel 2017, quando Gianvito Novielli entra a far parte della band. Fino a quel momento, eravamo in tre e avevamo un disco già pronto, ma Gianfranco era in Erasmus a Bucarest. Al suo ritorno mancava ancora qualcosa, avevamo bisogno di nuova linfa per proseguire: così, con l’arrivo di Gianvito, i VS hanno preso forma».
Come nasce l’idea di questo EP?
«Ci siamo accorti che bisognava tirar fuori “Rebirth” tra il 2018 e il 2019, prima dell’uscita di “Stimmung“ (2019). In quei due anni, abbiamo dedicato tanto tempo alle performance live: più ci esibivamo, più sentivamo l’esigenza di modificare il nostro assetto originario, quello di “Know by Heart“ (2017). La batteria acustica diventava elettronica, la voce tendeva ad essere più libera, i ritmi serrati lasciavano spazio a tessuti ambientali e arpeggiati. “Rebirth” è una rilettura non intenzionale di tre brani di KBH, nulla di studiato a tavolino. È un modo di suonare nuovo che abbiamo abbracciato con naturalezza. Era necessario mettere per iscritto tutto questo».
Perché il titolo “Rebirth”?
«Il titolo è in primo luogo un riferimento alla nostra storia: abbiamo rimesso in gioco noi stessi, decostruendoci, rimodellando il nostro stile musicale e giocando con gli strumenti come fossero un puzzle. Ma “Rebirth” è anche un legame tra noi e “Neon Genesis Evangelion: Death & Rebirth” (Gainax, 1997), una delle nostre anime preferite: una sera, durante un tour in Sicilia (2019), era proiettato proprio dietro di noi. Abbiamo capito che anche i VS, come Hideaki Anno, dovevano dare un ultimo saluto a KBH: abbiamo ripreso i brani, li abbiamo remixati e registrati in chiave elettronica, affrontando l’ultimo addio come una rinascita stilistica, che per noi è già prologo di ciò su cui stiamo lavorando».
Quanto guardate alla Puglia e quanto all’estero?
«Abbiamo molto a cuore la nostra terra. Le tematiche su cui riflettiamo vengono da qui e riteniamo sia importante il luogo, lo spazio-tempo dove ciascuno di noi è venuto al mondo. Tuttavia, è inutile negare che siamo ancora alla ricerca di una scena in cui rispecchiarci. Tra un passo e l’altro, però, abbiamo deciso di dar vita, nel nostro piccolo, alla Stand Alone Complex, un contenitore per cominciare a raccogliere, promuovere e produrre le anime musicali che non smettono mai di cercare (e cercarsi)».
Non resta che aspettare “Rebirth”, chiudere gli occhi, cliccare play, ascoltare Unit 01-02-03 e lasciare che a parlare sia la musica dei Violent Scenes, tra versi che rimandano all’Apocalisse e al Qoelet e suoni che, incastrandosi con la voce, comunicano anche di più.