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La storia di un Teatro che tanto “piccolo” non è

Il Piccolo Teatro ha avvicinato Bari alla grande prosa. Nietta Tempesta, attrice, regista e direttrice artistica, ha ricostruito per noi la storia di questa insostituibile realtà per i baresi. Quando è nato l’amore per il Teatro? «Sono andata a teatro per la prima volta con un’ amica che era in una piccola Compagnia. Lì ho…

Il Piccolo Teatro ha avvicinato Bari alla grande prosa. Nietta Tempesta, attrice, regista e direttrice artistica, ha ricostruito per noi la storia di questa insostituibile realtà per i baresi.

Quando è nato l’amore per il Teatro?
«Sono andata a teatro per la prima volta con un’ amica che era in una piccola Compagnia. Lì ho conosciuto i grandi autori. Tre mesi dopo mi sono ritrovata sul palcoscenico con “Il profumo di mia moglie” di Leo Lenz. La critica fu generosa, mi incoraggiò e decisi di continuare. I miei genitori non erano d’accordo, altri tempi. Erano gli anni 50».
Un  vita dedicata al teatro: l’incontro con Eugenio D’Attoma, fondatore del Piccolo Teatro, è stato determinante?
«In parte si, anche se io avevo già iniziato la mia carriera. Lui era nel gruppo ma quando ci siamo incontrati era fidanzato. E’ stato in seguito che ci siamo innamorati, abbiamo lasciato la Compagnia e  creato la nostra, “Prometeo”, che ha posto le basi per quello che sarebbe stato il Piccolo Teatro. Insieme abbiamo lavorato molto,  solo con le nostre forze. All’inizio leggevamo i copioni  sulle panchine, è stata questa la prima vera sede del Piccolo Teatro. Poi abbiamo affittato un sottano, “Il Club degli esistenzialisti”  l’avevamo dipinto tutto di nero come si usava allora, ma non sempre eravamo in grado di pagare l’affitto».
Com’è nato il Piccolo Teatro?
«Dopo “Prometeo” c’è stata l’“Allodola”, che ne ha posto le basi, solo cral ed associazioni ci sostenevano. I fondi pubblici non c’erano ed  era  difficile confrontarsi con altre realtà per assorbire nuove esperienze. Tutto era affidato alla nostra creatività. Nel 67, maturò l’idea  di una sede tutta nostra, mio marito trasformò un garage in teatro. Organizzammo corsi di recitazione, fummo i primi a Bari, da noi sono passati tanti artisti poi  diventati famosi, molti lo hanno dimenticato, ma io no, lo ricordo con orgoglio.  Finalmente ci furono i riconoscimenti da parte del Ministero. Fummo i primi ad essere valorizzati, ricevendo contributi. Oggi invece questo teatro purtroppo non esiste più per molti…».
Dopo tanti anni quando è in scena  prova ancora emozioni?
«Sul palcoscenico le insicurezze sono sempre le stesse, certo col tempo subentra l’esperienza, ma per quanto mi riguarda, fino a che non parto con le prime battute e non instauro un feeling con il pubblico resto sempre in tensione».

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