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Il prof. Lapietra: «Senza braille torneremmo alla Preistoria della nostra istruzione»

«Immagina di dover scrivere qualcosa di importante, come la candidatura per un lavoro, una relazione o un messaggio d’amore. Ora immagina di essere non vedente e di non avere nessuno in quel momento che ti aiuti a controllare che tutto sia perfetto o banalmente di volerlo fare in autonomia». Nelle parole di Giuseppe Lapietra (professore…
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«Immagina di dover scrivere qualcosa di importante, come la candidatura per un lavoro, una relazione o un messaggio d’amore. Ora immagina di essere non vedente e di non avere nessuno in quel momento che ti aiuti a controllare che tutto sia perfetto o banalmente di volerlo fare in autonomia». Nelle parole di Giuseppe Lapietra (professore di storia e filosofia in pensione di Palo del Colle, che ha formato migliaia e migliaia di studenti e studentesse dei licei della provincia di Bari, nonché dirigente nazionale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e del Club del Braille Italiano), c’è il tesoro della semplicità che fa arrivare dritto al punto: il braille, il sistema di scrittura e di lettura con puntini in rilievo per persone cieche, è essenziale per l’istruzione, la libertà di espressione e di opinione, l’accesso all’informazione e l’inclusione sociale, come ha sancito l’ONU nel 2018 dedicandogli una giornata mondiale, che ricorre oggi, il giorno di nascita del suo inventore, Luoise Braille (1809-1852).

Professor Lapietra, come sarebbe un mondo senza braille?
«Per i non vedentivorrebbe dire essere rimandati nella Preistoria».
Ci aiuti a capire meglio: la tecnologia oggi, con i messaggi vocali, i computer, gli audiolibri, non offre comunque tante possibilità di comunicare agevolmente anche a chi non vede? 
«Sarebbe un mondo fatto solo di suoni. È come la differenza fra guardare un film e leggere il libro da cui è tratto: l’udito è certamente importante per una comunicazione veloce ma è labile, un po’ come quelle piogge violente che scivolano sui tetti e l’acqua si perde subito nella terra». 
La lettura, anche in braille, resta invece.
«Sì, mette radici e cresce in forma di cultura, emancipazione, libertà. Il punto è questo: le persone non vedenti imprimono letteralmente nella propria mente ciò che toccano, esattamente come fanno quelle vedenti con la vista. Leggere un testo vuol dire mettersi tranquilli, rallentare, riflettete, scendere nella propria interiorità per mezzo della parola scritta. In testi come Anna Karenina, Guerra e Pace, I Promessi Sposi, l’efficacia dello snodarsi delle parole, la bellezza anche delle punteggiature, è inarrivabile da una trasposizione teatrale, televisiva o cinematografica; è qualcosa che non ha pari, è eccelso. E quindi il braille non può essere smarrito con leggerezza». 
Sconsiglia quindi i sistemi moderni?
«Tutt’altro. Dal mio punto di vista il braille è stato enormemente potenziato dall’elettronica: per esempio, un testo di un migliaio di pagine, in braille diventano 10 tomi di enciclopedia; sulle finestre elettroniche, invece, si può leggere in braille come se fosse un unico rigo. I vantaggi della tecnologia sono tangibili».
Come si fa a leggere in braille, con i polpastrelli, da pc e cellulare? 
«I sistemi elettronici sono quelli comuni, si utilizza solo un software “screen reader” (lettore di schermo): collegando in bluetooth o usb un dispositivo esterno, si trasforma quello che c’è sullo schermo tradizionale in braille (o in voce con il sintetizzatore vocale), e viceversa. Fino a non molto tempo fa, per comunicare per iscritto (anche per i compiti di scuola) usavamo le vecchie macchine da scrivere (che in realtà sono state create proprio per le persone non vedenti), ma senza la possibilità di rileggere e controllare il testo. Oggi quel problema non esiste più».
A vederlo, il braille sembra complesso: è difficile da imparare?
«In realtà essendo basato su un codice binario, è perfino più semplice dei sistemi per vedenti. Il difficile è cambiare approccio mentale quando i problemi alla vista non esistono dalla nascita ma subentrano dopo, e abituare corpo e mente a stimoli completamente diversi. Ma, come per tutti i linguaggi diversi, si ha bisogno solo di pratica, metodo e motivazione. Naturalmente, se studiato nei primi anni scuola, diventa più facile servirsene in modo efficiente e godere di tutti i vantaggi».
Professore, scrive ancora bigliettini d’amore?
«A mia moglie» dice sorridendo. «Ma per quelli, uso ancora la mia vecchia Lettera 22».

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