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Anthropocene, un’autocritica sull’uomo moderno

Anthropocene è il nuovo (il settimo) album di Kekko Fornarelli, pianista e compositore barese, tra i più apprezzati nel panorama jazzistico internazionale. Dieci composizioni originali scritte dall’autore, affiancato in alcuni brani da Leo Gadaleta, Rossella Racanelli, Andrea Fiorito e Roberto Cherillo. Si tratta di concept album sull'essere umano e sul suo rapporto con il mondo,…
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Anthropocene è il nuovo (il settimo) album di Kekko Fornarelli, pianista e compositore barese, tra i più apprezzati nel panorama jazzistico internazionale. Dieci composizioni originali scritte dall’autore, affiancato in alcuni brani da Leo Gadaleta, Rossella Racanelli, Andrea Fiorito e Roberto Cherillo. Si tratta di concept album sull’essere umano e sul suo rapporto con il mondo, sulle interazioni sociali e sulle conseguenze di quello che chiamiamo progresso. È prodotto da Eskape Music nella Programmazione Puglia Sounds Record 2020/2021 della Regione Puglia e distribuito da Ird e Believe Digital.

Anthropocene designa l’epoca geologica attuale in cui viviamo, quella in cui l’uomo è protagonista, in negativo, dei cambiamenti climatici e ambientali. Che mondo è?
«È un mondo in cui a tenere le redini è l’uomo, appunto, che detiene il potere sull’equilibrio del nostro ecosistema e quindi sulle sue stesse sorti, un mondo che ci chiede un’autocritica profonda. ‘Anthropocene’ rappresenta una lettura filosofica del nostro stare al mondo, non soltanto nei suoi aspetti strettamente ecologici, che comunque trovano spazio in molti brani dell’album. Come ad esempio ‘Butterfly Effect’, l’effetto farfalla per cui ogni nostra azione, anche la più piccola incuria verso il pianeta, ci ha portato oggi a vivere una condizione borderline, in cui tutto è molto più al limite, molto più fragile. E».
In questo album c’è un allontanamento dalle sonorità jazz a cui sono abituati i suoi ascoltatori sin dal suo primo album, “Circular Thought”.
«Avendo sempre scritto musica con un approccio visivo il mio intento era quello di scrivere un’opera pensata per il cinema, le immagini, la sonorizzazione. Il mondo del jazz non sempre lo consente perché è un mercato completamente diverso. Del resto il primo brano che ho scritto e depositato in SIAE fu per un film, tra l’altro pugliese: ‘La casa delle donne’ di Mimmo Mongelli. Si può dire che sia sempre stato il mio sogno nel cassetto».  
A proposito di audiovisivo, lei ha curato la colonna sonora di un docufilm sulle città italiane durante il primo lockdown e ha già in programma due lungometraggi. 
«Sì, sto realizzando anche le musiche per il trailer di un film d’animazione, un progetto tutto italiano, anzi pugliese, di cui al momento non posso rivelare nulla». 
Cosa ti affascina della composizione per il cinema?
«Ho sempre amato scrivere musica emozionale, viscerale. Nel mondo del jazz viene spesso fuori la parte più virtuosistica del musicista, muscolare. La musica è in grado di sublimare e rendere evocative le immagini e questa sua qualità mi dà un senso di pienezza, mi riempie di bellezza». 
Il disco è stato anticipato da “Shadow, il suono dell’ombra”, un corto con la ballerina e coreografa Elisa Barucchieri, che appare anche nel videoclip della title track. Come è nata questa collaborazione?
«Parlavamo di bellezza. Credo che la bellezza generi altra bellezza. Ho conosciuto Elisa per un altro progetto e ci eravamo ripromessi di lavorare assieme. Questa era l’occasione giusta: ho potuto far sposare le mie musiche con elementi visivi, coreografici e narrativi, imprimendo un carattere più poetico a quella che sarebbe stata la classica anticipazione di un disco».

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