I familiari di un maresciallo tarantino della Marina militare, morto nel 2015 a 65 anni per carcinoma polmonare, hanno ricevuto un indennizzo che sfiora i 500mila euro, tra capitale, rivalutazioni e spese.
Lo ha disposto la prima sezione del Tribunale civile di Lecce riconoscendo il risarcimento dei familiari dell’uomo. Il giudice monocratico Biagio Politano ha accertato che l’esposizione professionale all’amianto durante il servizio, svolto dal 1969 al 1998 su navi e strutture militari, è stata concausa determinante della malattia.
Secondo la sentenza, la presenza dell’amianto negli ambienti di lavoro non è mai stata smentita dall’Amministrazione ed è risultata non occasionale, in assenza di adeguate misure di protezione.
Determinanti le conclusioni della consulenza medico-legale, che ha evidenziato il ruolo sinergico tra amianto e fumo di sigaretta, entrambi cancerogeni certi, sottolineando anche la presenza di una patologia amianto-correlata pregressa, le placche pleuriche.
Il Tribunale ha tuttavia applicato una riduzione del 40% del risarcimento per il concorso del fumo.
Ai familiari, assistiti dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona), sono stati liquidati oltre 100mila euro alla vedova e somme tra i 110mila e i 115mila euro a ciascun figlio, oltre accessori e spese legali.
Commentando la decisione, l’Ona rileva: «La riduzione del risarcimento per il presunto concorso del fumo non può essere condivisa e sarà oggetto di appello. Nei casi di esposizione qualificata ad amianto, il fumo non spezza il nesso causale ma agisce in sinergia, senza attenuare la responsabilità datoriale».










