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Estorsioni ai danni di mitilicoltori a Taranto: arrestate 4 persone. Rubavano i prodotti e li rivendevano – VIDEO

Quattro persone sono state arrestate a Taranto dai carabinieri e dal personale della Guardia costiera nell'ambito di due operazioni, denominate "Piovra" e "Piovra 2 Respect", che ha smascherato un'associazione a delinquere che sottoponeva a estorsioni i mitilicoltori. Secondo quanto ricostruito gli indagati rubavano, minacciavano, effettuavano estorsioni ai danni dei produttori di cozze, ma soprattutto immettevano…

Quattro persone sono state arrestate a Taranto dai carabinieri e dal personale della Guardia costiera nell’ambito di due operazioni, denominate “Piovra” e “Piovra 2 Respect”, che ha smascherato un’associazione a delinquere che sottoponeva a estorsioni i mitilicoltori.

Secondo quanto ricostruito gli indagati rubavano, minacciavano, effettuavano estorsioni ai danni dei produttori di cozze, ma soprattutto immettevano sul mercato prodotti ittici potenzialmente nocivi per la salute.

Ci sarebbe stato anche una sorta di passaggio di testimone tra i primi arrestati e i loro parenti, i quali hanno ampliato le estorsioni colpendo i titolari di pescherie.

L’associazione a delinquere costringeva gli imprenditori ittici al pagamento di somme di denaro a cadenza periodica e influenzava un intero settore produttivo.

Dalle indagini è emerso che con minacce e furti di interi filari di cozze nere, le vittime venivano indotte a non denunciare anche quando le indagini avevano consentito di chiarire l’intera vicenda. Si è trattato di sistema duraturo nel tempo, tanto che alcuni imprenditori erano stati costretti a versare somme di denaro anche nei periodi invernali in cui non vi è produzione di mitili.

Inoltre, è emerso che anche chi effettuava i pagamenti all’organizzazione criminale, non era esente da furti. Le vittime che avrebbero dovuto essere “protette”, rilevano carabinieri e Guardia costiera, erano anch’esse derubate.

I mitili sottratti venivano quindi acquistati da commercianti e ristoratori a prezzi stracciati e rivenduti privi di certificazione sanitaria, di qualità e fiscale.

La lavorazione delle cozze avveniva in luoghi fatiscenti (spesso container dismessi) da parte di persone prive delle necessarie qualifiche. Si è infine scoperto che per la consegna del “pizzo”, uno degli arrestati, sottoposto ad una misura alternativa alla detenzione, approfittando dei permessi concessigli, a bordo di una piccola barca avvicinava gli imprenditori, a loro volta su delle imbarcazioni, riscuotendo il denaro.

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