Il sacerdote brindisino Don Cosimo Schena, noto per la sua vasta attività sui social e per essere il religioso italiano più seguito dopo Papa Leone XIV, è stato ascoltato dalla commissione parlamentare di inchiesta sul degrado delle città e delle loro periferie. Don Cosimo ha portato la sua testimonianza diretta, definendo le periferie non solo come luoghi fisici, ma come «ferite dell’anima».
«Nel mio piccolo provo a dare voce a chi vive negli angoli più bui del Paese, a chi spesso non ha parola oppure non ha più la forza di usarla», ha dichiarato il sacerdote, che vanta un contatto diretto con oltre un milione di persone, giovani nel 95% dei casi. «Io non li chiamo follower, ma anime. Cuori che cercano una sola cosa: qualcuno che dica loro ‘tu conti’».
Non solo degrado urbano: l’allarme per l’isolamento rurale
Don Cosimo Schena, che è anche psicologo clinico dinamico e offre un servizio di consulenza psicologica via Instagram, ha invitato la commissione a guardare oltre la periferia canonica. «Quando diciamo periferia pensiamo spesso alla grande città, quartieri segnati dal degrado, criminalità diffusa, baby gang, spaccio. Quella si è una periferia reale, ma sarebbe ingiusto fermarsi lì», ha avvertito.
Il sacerdote ha messo in luce l’esistenza di un’altra grave forma di disagio: la periferia dei paesi piccoli e dei borghi dell’entroterra, spesso dimenticati. «Lì non trovi il pusher all’angolo della strada, ma trovi il vuoto. Lì non senti gli spari, ma solo porte chiuse. Quella è la periferia che non si vede, quasi timida, ma che fa male lo stesso, forse di più, perché è una sofferenza che nessuno nomina».
Secondo Don Cosimo, la società si trova di fronte a due diverse ferite: la marginalità urbana che «esplode» (con rabbia e criminalità) e l’isolamento rurale che «spegne» la vita di tanti giovani che vorrebbero emergere.
«La solitudine è la malattia di questo secolo»
La solitudine come nuova emergenza sociale e fattore di rischio per i giovani. È questo l’allarme lanciato dal sacerdote brindisino. «La grande malattia di questo secolo è la solitudine, perché non siamo più in grado di ascoltarci – ha dichiarato Don Cosimo -. Oggi la solitudine è diventata una nuova forma di povertà».
Il sacerdote ha rivelato di ricevere quotidianamente tra i 1000 e i 2000 messaggi privati, in cui ragazzi e adulti esprimono il loro disagio: il non sentirsi «visti o ascoltati, non essere amati o accolti per quello che sono». Don Cosimo ha sottolineato il paradosso del digitale, che nei piccoli centri, anziché essere un ponte, «rischia di diventare muro». Per questo, ha rivolto un appello ai membri della commissione: «Vi chiedo di considerare il digitale non solo come un’infrastruttura tecnica, ma come atto di giustizia sociale».
La sua richiesta si fa urgente: «Portare la banda larga in un piccolo borgo non è mettere la fibra, ma è permettere a una ragazza di 16 anni, di non sentirsi condannata a tacere tutta la vita. Questa è prevenzione psicologica. È prevenire il futuro dei nostri giovani».
Il sacerdote ha concluso con un monito che arriva dall’esperienza sul campo: «Questi giovani non sono cattivi o persi. Questi giovani sono soli». Ha avvertito che la solitudine prolungata porta alla convinzione di non valere, e «quando un giovane smette di credere di avere un valore, il rischio di autolesione fisica o emotiva cresce in modo esponenziale».










