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Brindisi, operai protestano davanti ai cancelli del Petrolchimico: «Servono interventi immediati per difendere l’occupazione»

Brindisi rischia di spegnersi lentamente, soffocata da una crisi che da economica è ormai diventata sociale. I numeri raccontano una realtà allarmante: nella provincia, la popolazione inattiva ha superato la soglia delle 188mila persone, un dato che da solo supera la somma degli occupati e dei disoccupati. Un indicatore che fotografa un territorio dove il…
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Brindisi rischia di spegnersi lentamente, soffocata da una crisi che da economica è ormai diventata sociale. I numeri raccontano una realtà allarmante: nella provincia, la popolazione inattiva ha superato la soglia delle 188mila persone, un dato che da solo supera la somma degli occupati e dei disoccupati. Un indicatore che fotografa un territorio dove il lavoro manca e, spesso, si smette persino di cercarlo.

A questo si aggiunge il calo degli avviamenti registrato nel 2024, sensibilmente inferiore rispetto all’anno precedente, sia per i contratti a tempo indeterminato che per quelli a termine. E ancora: oltre 38mila persone vivono grazie agli ammortizzatori sociali, in particolare con la Naspi o la disoccupazione agricola. Numeri che descrivono un’economia in difficoltà, fatta di precarietà, attese e promesse mancate.

L’assemblea

È in questo contesto che ieri si è svolta un’assemblea molto partecipata al Petrolchimico di Brindisi, organizzata dalle sigle sindacali. L’incontro ha messo al centro le preoccupazioni dei lavoratori della filiera chimica e degli appalti, sempre più incerti sul proprio futuro.

«Siamo di fronte a un bivio decisivo per il futuro industriale e sociale di Brindisi – ha dichiarato Massimo Di Cesare, segretario generale della Cgil – Non possiamo più attendere: servono risposte immediate, un piano di sviluppo vero, capace di dare certezze ai lavoratori e di attrarre investimenti che guardino alla transizione energetica e produttiva».

Le richieste

Da un anno, la Cgil chiede il riconoscimento dell’area di crisi complessa e la definizione di un accordo quadro di tutele per tutti i lavoratori, indipendentemente dal contratto di riferimento. Tra le proposte avanzate figurano l’attivazione di ammortizzatori sociali straordinari, percorsi di riqualificazione professionale, integrazioni al reddito e accompagnamento alla pensione per chi ha svolto lavori usuranti.

Il sindacato chiede inoltre che la Regione Puglia e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy diano pieno sostegno ai nuovi investimenti legati all’area del Petrolchimico e al futuro della Centrale di Cerano, dove sono stati presentati 61 progetti nell’ambito dell’Accordo di Programma.

Il tavolo ministeriale del 17 novembre sarà, secondo la Cgil, un passaggio decisivo per dare risposte ai 2.600 lavoratori coinvolti tra diretti, indotto e appalti di Cerano e del Petrolchimico.

L’indotto

Sulla stessa linea anche il sindacato Cobas, che ha dichiarato lo stato di agitazione dei lavoratori delle ditte appaltatrici del Petrolchimico e della Centrale Enel di Cerano. Durante l’assemblea davanti ai cancelli del sito industriale, i rappresentanti della «Meridionali Servizi» – azienda che si occupa di logistica – hanno denunciato la progressiva riduzione delle attività e la conseguente crisi occupazionale.

Una crisi che, a Cerano, è già drammatica: 50 lavoratori della ditta Sir, impegnati nella movimentazione del carbone, hanno già ricevuto la lettera di licenziamento per il 31 dicembre 2025.

«Porteremo la voce disperata dei lavoratori al tavolo ministeriale sulla decarbonizzazione – annuncia il Cobas – È necessario colmare la distanza tra le tante manifestazioni di interesse e la reale volontà di investire sul territorio. Solo così potremo dare vita a una nuova e significativa occupazione».

E se non arriveranno risposte, il sindacato promette un segnale forte: «A fine novembre proporremo uno sciopero generale per bloccare tutto e far capire al Governo che Brindisi non può più aspettare».

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