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Brindisi, dismissione impianti Eni-Versalis: «Chimica a rischio tracollo. Delitto industriale»

Un grido d’allarme risuona forte dal mondo del lavoro e della produzione industriale italiana: la dismissione degli impianti di chimica di base da parte di Eni-Versalis rischia di mettere in ginocchio un intero comparto strategico per il Paese. A denunciarlo è la Cgil, nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri mattina a Roma, nella…
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Un grido d’allarme risuona forte dal mondo del lavoro e della produzione industriale italiana: la dismissione degli impianti di chimica di base da parte di Eni-Versalis rischia di mettere in ginocchio un intero comparto strategico per il Paese. A denunciarlo è la Cgil, nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri mattina a Roma, nella Sala del MoMeC, in cui si sono messe in evidenza le pesanti ricadute occupazionali e industriali della vertenza aperta da mesi.

Presente una delegazione della Filctem Puglia e Filctem Brindisi con delegati di posto di lavoro. Nel pomeriggio, poi, la Cgil è intervenuta nel corso della prima parte dell’audizione presso la X Commissioni Attività produttive della Camera dei deputati: si proseguirà mercoledì 21 maggio per dare modo ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali di rispondere alle domande poste dai Commissari.

Posti a rischio

Secondo il sindacato, oltre 20mila posti di lavoro sono a rischio tra dipendenti diretti e indotto, con un potenziale effetto domino su una filiera che coinvolge circa 12mila imprese e più di 200mila lavoratori. Gli ultimi due impianti nel mirino della chiusura sono quelli di Brindisi e Priolo (Siracusa), centri nevralgici del settore chimico nazionale.

La Cgil non ha firmato il piano di riconversione presentato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) lo scorso 10 marzo, ritenendolo insufficiente e pericoloso per il futuro del comparto. «Non si tratta di una riconversione, ma di una vera e propria uscita dalla chimica di base», accusa Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem-CGIL, che parla senza mezzi termini di un «delitto industriale» a cui il governo, secondo il sindacato, starebbe assistendo senza intervenire.

«Il governo – ha ribadito Falcinelli – deve fermare questo piano oppure cercare un soggetto industriale credibile disposto a rilevare gli impianti, garantendo continuità produttiva e occupazionale».

La strategia di rilancio

Anche Pino Gesmundo, segretario confederale CGIL, ha sottolineato come questa vicenda sia emblematica della crisi industriale italiana e di una politica che appare sempre più distante dalle esigenze di programmazione e sviluppo del sistema manifatturiero. «Eni – dichiarano Gesmundo e Falcinelli – giustifica queste scelte come necessarie a causa della presunta “crisi irreversibile della chimica di base europea. Ma i fatti smentiscono questa narrazione: Lyondellbasell, leader globale del settore, sta investendo proprio in Europa in impianti di cracking e poliolefine, segno che il business è tutt’altro che in crisi».

Il sindacato propone due strade alternative: bloccare il piano industriale di dismissione o favorire la cessione degli impianti legati alle poliolefine a un grande gruppo industriale intenzionato a investire nel settore petrolchimico. In assenza di risposte, ha avvertito Gesmundo, la mobilitazione si sposterà nelle piazze.

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