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Scontro tra treni sulla Andria-Corato, solo due i responsabili: condanne confermate. I familiari delle vittime: «Uccise per la terza volta»

Due condanne e 14 assoluzioni nel processo di Appello sul disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio del 2016 sul tratto a binario unico tra Andria e Corato, gestito da Ferrotramviaria, in cui persero la vita 23 persone e altre 51 rimasero ferite. La Corte d'Appello di Bari ha ridotto di tre mesi le pene. Il…
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Due condanne e 14 assoluzioni nel processo di Appello sul disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio del 2016 sul tratto a binario unico tra Andria e Corato, gestito da Ferrotramviaria, in cui persero la vita 23 persone e altre 51 rimasero ferite.

La Corte d’Appello di Bari ha ridotto di tre mesi le pene. Il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, è stato quindi condannato a sei anni e tre mesi di reclusione. Il capotreno del convoglio partito dal co-capoluogo della Bat e diretto a Corato, Nicola Lorizzo, è stato condannato a sei anni e nove mesi.

Picarreta e Lorizzo erano stati condannati in primo grado, a Trani, anche per le lesioni personali colpose, ma il reato è prescritto. Le motivazioni della sentenza saranno rese note in 90 giorni.

La Corte d’Appello ha quindi confermato l’impostazione dei giudici del tribunale di Trani che in primo grado, nel giugno del 2023, avevano di fatto riconosciuto che la tragedia era stata provocata da un errore umano e non dai mancati investimenti sulla sicurezza così come sosteneva l’accusa.

Tra le assoluzioni confermate anche quella della società Ferrotramviaria imputata per l’illecito amministrativo. La Corte ha anche accolto l’appello di Ferrotramviaria ed eliminato le statuizioni civili emesse nei confronti dell’azienda verso le parti civili Codacons, Comune di Andria, Comune di Corato e le associazioni Apu e Gepa.

I giudici d’appello hanno dunque confermato le assoluzioni dei dirigenti di Ferrotramviaria Enrico Maria Pasquini, Massimo Nitti e Michele Ronchi, del dirigente allora a capo della divisione infrastruttura Giulio Roselli, del capostazione Alessio Porcelli, in servizio a Corato, e del dirigente a capo coordinatore centrale Francesco Pistolato.

I treni – l’Et1016 proveniente da Corato, e l’Et1021 proveniente da Andria – viaggiavano su un binario unico alternato regolato col sistema del blocco telefonico, ritenuto dalla Procura di Trani “non sicuro ed obsoleto“. Un sistema in base al quale i capistazione si scambiano dispacci per autorizzare la partenza dei treni verso la stazione successiva.

Fu così che, quel 12 luglio del 2016, dalla stazione di Andria fu concesso alle 10.45 il via libera per la partenza dalla stazione di Corato dell’Et1016 e, senza aspettare l’arrivo di questo convoglio nella stazione di Andria, fu fatto partire alle ore 11:00 l’Et1021 verso Corato. L’impatto ad alta velocità tra i due convogli fu inevitabile. Dopo la strage, la circolazione sulla tratta fu bloccata ed è ripresa solo il 3 aprile 2023. I binari ora sono due e sono dotati di moderni sistemi di sicurezza automatizzati.

La Procura di Trani, nel giugno 2023, aveva chiesto 15 condanne a pene comprese tra i 12 e i 6 anni di reclusione e un’assoluzione. Per Ferrotramviaria era stata chiesta la sanzione amministrativa di 1,1 milioni, oltre alla revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni per l’esercizio dell’attività (fra cui il certificato per la sicurezza) per un anno, oltre alla confisca di 664.000 euro, somma che – secondo l’accusa – la società avrebbe dovuto investire per mettere in sicurezza la tratta con la realizzazione e l’uso del blocco conta assi sulla Corato-Barletta.

I familiari delle vittime: «Uccisi per la terza volta»

«Assolti di nuovo! Giustizia svenduta». E ancora: «Uccisi per la terza volta». Sono i post apparsi oggi sulla pagina Facebook dell’associazione “Astip – Associazione strage treni in Puglia 12 luglio 2016“.

«Noi familiari delle vittime – si legge ancora nel post – abbiamo assistito [alla lettura della sentenza, ndr] dal fondo dell’aula. Sfregiante la seconda assoluzione – continua l’associazione – così come sono stati sfregianti i grandi sorrisi degli avvocati difensori. Del resto chi se ne frega nel nostro silenzioso dolore».

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