Nove euro per un panzerotto. Tanto è bastato per accendere stupore e qualche sorriso amaro in un barese in visita a Roma, davanti al banco di una friggitoria del centro. Un prezzo che, nella città dove il panzerotto è nato, equivale quasi a un’estorsione, visto che a Bari lo stesso prodotto resta uno dei simboli dello street food popolare e accessibile. La scena è semplice ma emblematica: menu alla mano, il classico calzone fritto pugliese – pomodoro e mozzarella – viene proposto come specialità «tipica del Sud», con un costo che sfiora quello di un piatto servito al tavolo.
Un rincaro che racconta molto più di una differenza di listini: racconta il viaggio del cibo e la sua trasformazione quando cambia città. A Roma, il panzerotto perde la dimensione quotidiana e diventa prodotto da vetrina, inserito in circuiti turistici e in zone ad alta affluenza. Affitti elevati, costi di gestione più alti e una domanda legata soprattutto ai visitatori fanno il resto, spingendo i prezzi verso l’alto. Ma per chi viene da Bari, dove il panzerotto è un rito serale e costa pochi euro, l’impatto è inevitabile. Non è solo una questione economica, ma anche culturale.
A Bari il panzerotto è convivialità, informalità, cibo da strada da mangiare in piedi. Altrove diventa esperienza gastronomica, raccontata come «tipicità regionale», con un valore aggiunto costruito attorno all’origine.










