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Tumore del cuoio capelluto giudicato “inoperabile” minaccia il cervello: 52enne salvata al Policlinico di Bari

È stata salvata al Policlinico di Bari la donna calabrese di 52 anni affetta da un carcinoma basocellulare molto invasivo del cuoio capelluto ritenuto inoperabile in altri centri. Il tumore aveva distrutto la cute e l'osso cranico, arrivando a minacciare le strutture cerebrali. Era stata trattata con terapie alternative risultate inefficaci tanto che la neoplasia…
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È stata salvata al Policlinico di Bari la donna calabrese di 52 anni affetta da un carcinoma basocellulare molto invasivo del cuoio capelluto ritenuto inoperabile in altri centri.

Il tumore aveva distrutto la cute e l’osso cranico, arrivando a minacciare le strutture cerebrali. Era stata trattata con terapie alternative risultate inefficaci tanto che la neoplasia aveva raggiunto dimensioni tali da mettere a rischio la vita.

L’elevata complessità del caso ha portato la donna a scegliere il Policlinico di Bari come centro di riferimento per la chirurgia ad alta complessità nel Sud Italia. Nel capoluogo pugliese è stato possibile affrontare un intervento che necessitava di un approccio multidisciplinare.

L’operazione, durata molte ore, è stata eseguita da un’équipe integrata che ha unito le competenze dei medici della Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica diretta dal professor Giuseppe Giudice e della Neurochirurgia diretta dal professor Francesco Signorelli.

La massa tumorale sanguinante aveva completamente eroso il cuoio capelluto e il tavolato osseo. «La priorità assoluta era garantire la sicurezza delle strutture cerebrali e rimuovere tutto il tessuto patologico possibile», spiega il professor Signorelli.

L’intervento è stato eseguito dal team di microchirurgica diretto dal professor Maruccia ed affiancato dalla professoressa Rossella Elia in collaborazione con il dottor Carlo Del Vecchio della Neurochirurgia che ha proceduto all’asportazione della lesione che arrivava a contatto con il cervello.

L’équipe di chirurgia plastica ha poi eseguito una complessa ricostruzione microchirurgica utilizzando un lembo libero vascolarizzato prelevato dalla coscia. «In casi così avanzati, solo una ricostruzione microchirurgica permette di ripristinare una copertura stabile e funzionale, restituendo protezione al cranio ed alle strutture cerebrali. Questo tipo di procedure richiede la più alta esperienza in ambito microchirurgico ed un lavoro d’équipe ben organizzato», sottolinea il professor Maruccia.

Determinante è stata anche l’assistenza anestesiologica durante l’intervento da parte delle dottoresse Giuliana Primiceri, Francesca Leone e Maria Teresa Di Pierro e nel periodo post operatorio da parte del dottor Ribezzi, dirigente medico della Rianimazione I.

Il percorso diagnostico e terapuetico pre e post operatorio della paziente è stato definito e concordato con l’oncologo professor Marco Tucci, che ha bilanciato le esigenze chirurgiche con quelle oncologiche generali, delineando una strategia terapeutica condivisa.

Importante il contributo di tutto il personale infermieristico della sala operatoria, coinvolto nella gestione coordinata delle apparecchiature microchirurgiche, della strumentazione neurochirurgica e delle tempistiche operative.

La fase post-operatoria è stata seguita nel reparto di Chirurgia plastica, dove la paziente ha ricevuto assistenza continua da parte degli specializzandi, degli infermieri e degli operatori socio-sanitari, che hanno monitorato la vitalità del lembo, gestito le medicazioni e offerto supporto costante anche psicologico alla paziente ed al marito. La paziente, oggi in buone condizioni post-operatorie, è tornata a casa.

«I tumori cutanei maligni vengono spesso sottovalutati e devono essere assolutamente asportati il prima possibile per evitare che vadano ad invadere le strutture sottostanti richiedendo ricostruzioni molto complesse e che possono portare in alcuni casi anche alla morte del paziente», evidenzia il professor Giudice.

«La presenza di competenze integrate, la multidisciplinarità delle nostre équipe ci permette di affrontare interventi ad altissima complessità che magari altrove vengono giudicati impraticabili. La qualità e l’eccellenza possono essere raggiunte anche nel Sud Italia, senza dover necessariamente percorrere centinaia di chilometri verso centri in altre regioni», conclude il direttore generale, Antonio Sanguedolce.

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