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Stock di carni “morte” nel Barese, si allarga l’inchiesta: spunta l’ombra del clan Parisi

Secondo l’inchiesta di cui si è avuta notizia in questi giorni, molti lotti di carne dichiarati scaduti o «da non ricongelare» non solo non sono stati eliminati, ma sono stati sottoposti a rielaborazione, riconfezionati, ricongelati e rietichettati con nuove date di scadenza e indicazioni fuorvianti sul paese di origine. Il meccanismo dell’orrore Un ex operaio…
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Secondo l’inchiesta di cui si è avuta notizia in questi giorni, molti lotti di carne dichiarati scaduti o «da non ricongelare» non solo non sono stati eliminati, ma sono stati sottoposti a rielaborazione, riconfezionati, ricongelati e rietichettati con nuove date di scadenza e indicazioni fuorvianti sul paese di origine.

Il meccanismo dell’orrore

Un ex operaio della filiera ha descritto pacchi di carne anneriti, degradati, ripuliti con additivi per rendere «visivamente accettabili» prodotti ormai rovinati, in modo da inserirli come «carne buona» nella grande distribuzione o nella ristorazione. In alcuni casi, la carne «rigenerata» sarebbe finita anche in hamburgerie e macellerie, e buona parte sarebbe stata immessa nella grande distribuzione. Con la cottura e l’uso di condimenti, nessun cliente avrebbe mai sospettato l’origine. Per gli inquirenti – e secondo le autorità che si occupano di igiene e salute pubblica – si apre un’ipotesi gravissima che sarebbe non solo di frode commerciale, ma un rischio concreto per la salute dei consumatori, nonché un vulnus alla tracciabilità e alla trasparenza della filiera alimentare.

Un intreccio con la criminalità organizzata

Secondo le ricostruzioni preliminari investigative, la filiera illegale della carne sarebbe solo l’ennesimo capitolo di un sistema di affari gestito da soggetti legati al clan Parisi di Bari.

Al centro dell’attenzione ci sarebbero, oltre a intermediari e fornitori, anche presta nomi riconducibili a famiglie già finite nell’inchiesta «Operazione Levante» un’indagine del 2022, che ha fatto luce su riciclaggio, frodi e frodi fiscali operate da cellule transnazionali collegate al clan. Se venissero confermate le accuse, si tratterebbe di un ulteriore ampliamento dell’impero criminale che si occupa non solo di estorsioni, traffico di droga o influenze sulla politica, come già emerso nel processo che ha portato a più di cento condanne tra esponenti del clan.

In sostanza si tratterebbe di un sistema mafioso che avrebbe messo le mani anche sul cibo che finisce sulle tavole popolari.

L’allarme delle autorità

La gestione di questi traffici non è solo una questione penale, ma di salute pubblica. La presenza di carne deteriorata e ricongelata, con scadenze falsificate, fa salire l’allarme per intossicazioni alimentari oppure, nel migliore dei casi, per una gravissima frode ai danni dei consumatori ignari. Fonti sanitarie dell’inchiesta denunciano che i controlli erano spesso preannunciati. Le irregolarità, secondo quanto riferito, venivano verificate nei giorni in cui non c’erano macellazioni, rendendo quasi impossibile accertare la reale natura delle merci trattate. Un dato che, se confermato, farebbe crollare una serie di garanzie basilari sul piano igienico e burocratico, rendendo evidente una doppia violazione come quella del diritto alla salute e quella della fiducia del consumatore.

Perché Bari dovrebbe tremare

Non è la prima volta che il clan Parisi finisce al centro di indagini per infiltrazioni in settori economici «puliti». Già nel 2024 era emerso che erano attivi con bar, caffè, imprese, aziende di trasporto e un’agenzia di comunicazione, tutti soggetti a sequestro con l’inchiesta operazione «Codice interno». Il caso della carne scaduta ricongelata rappresenta, però, un salto di scala sul piano dell’impatto sociale che tocca il diritto fondamentale a un’alimentazione sicura e trasparente, colpendo potenzialmente migliaia di persone inconsapevoli. Se l’inchiesta porterà avanti accuse e prove, non sarà solo una crisi del sistema di controllo sanitario ma sarà una resa dei conti tra Stato e criminalità organizzata, tra trasparenza e corruzione.

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