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Spreco alimentare, De Giosa (FoodInnLab): «Indispensabile educare, pianificare ed evitare acquisti compulsivi» – L’INTERVISTA

Sprechiamo cibo. I dati diffusi in Italia e in Puglia sono preoccupanti. «Ogni italiano getta circa 683 grammi di cibo a settimana, e nel Sud Italia, dove rientra la Puglia, questo dato sale fino a 747 grammi», a parlare è Leonardo De Giosa, socio della FoodInnLab, società di consulenza nel settore alimentare. Anche al Sud?…
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Sprechiamo cibo. I dati diffusi in Italia e in Puglia sono preoccupanti. «Ogni italiano getta circa 683 grammi di cibo a settimana, e nel Sud Italia, dove rientra la Puglia, questo dato sale fino a 747 grammi», a parlare è Leonardo De Giosa, socio della FoodInnLab, società di consulenza nel settore alimentare.

Anche al Sud?

«Nel Sud Italia, dove rientra la Puglia, questo dato sale fino a 747 grammi. Stiamo parlando di oltre 250 tonnellate di cibo sprecate ogni anno nella nostra regione, un fenomeno che non è solo eticamente inaccettabile, ma ha anche gravi implicazioni ambientali ed economiche. Come azienda di consulenza nel settore alimentare, ci confrontiamo quotidianamente con clienti che chiedono soluzioni concrete per ridurre questi sprechi lungo tutta la filiera».

Quali sono gli alimenti più colpiti dallo spreco?

«I dati più recenti (Rapporto Waste Watcher 2024) evidenziano che a finire più spesso nel cestino sono, frutta fresca, (27,1 g/settimana), verdura (24,6 g), pane fresco (24,1 g), insalate (22,3 g), cipolle, aglio e patate (20 g). Questi alimenti, base della dieta mediterranea, sono spesso soggetti a deperibilità rapida, ma nella maggior parte dei casi il loro spreco è evitabile. Come consulenti, lavoriamo molto sull’educazione alla conservazione degli alimenti: troppo spesso gli sprechi derivano da scarsa conoscenza o cattive abitudini domestiche».

Quali le cause principali dello spreco domestico?

«Tra le cause più frequenti troviamo: acquisti impulsivi, spesso influenzati dalle promozioni, scarsa pianificazione dei pasti, conservazione inadeguata degli alimenti, specie nei mesi estivi. Ma anche la mancata conoscenza della differenza tra “scadenza” e “termine minimo di conservazione”. In Puglia, la tradizione del cibo abbondante e delle “tavole piene” è culturalmente radicata, ma va aggiornata con una nuova consapevolezza. Ridurre gli sprechi non significa rinunciare alla qualità, ma valorizzare ogni ingrediente».

Ci sono azioni per arrivare ad una maggiore consapevolezza?

«La Regione Puglia ha lanciato iniziative come la campagna “Il giusto è meglio”, con consigli utili per evitare sprechi domestici. Collaborazioni con il Banco Alimentare stanno permettendo il recupero di eccedenze dai distributori e dalla grande distribuzione per aiutare chi è in difficoltà. Inoltre, la scelta di acquistare prodotti locali e stagionali nei mercati contadini riduce lo spreco fino al 60% rispetto alla grande distribuzione».

Come può intervenire concretamente un’azienda nel contrasto allo spreco?

«Nel nostro lavoro di consulenza accompagniamo le aziende alimentari in processi di ottimizzazione della filiera: dall’approvvigionamento delle materie prime, alla logistica, fino alla gestione degli scarti e delle eccedenze. Ad esempio, abbiamo sviluppato progetti di “economia circolare” che trasformano il surplus in nuove linee di prodotto, o attivano partnership con enti del terzo settore per la donazione sistematica del cibo non venduto».

E per i cittadini? Da dove iniziare?

«Ogni famiglia può contribuire, partendo da quattro semplici abitudini: pianificare i pasti settimanali, leggere bene le etichette (la “scadenza” non è la fine!), conservare correttamente frutta, verdura e pane, riutilizzare gli avanzi in modo creativo (la cucina pugliese è maestra in questo). Come consulenti, stiamo anche promuovendo nelle scuole progetti educativi su filiera alimentare e sostenibilità, perché il cambiamento più duraturo parte dalla conoscenza».

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