Entrano nel vivo le celebrazioni per la Festa di San Nicola a Bari. Dopo la Messa, intorno alle 18 il quadro del Santo è stato imbarcato su un peschereccio per essere portato, da baia San Giorgio, verso il luogo che i baresi chiamano “N’ dèrr’ a la lanze” a ridosso della Città vecchia. Da qui sbarcherà per diventare “protagonista” del Corteo storico che partirà alle 20:30 da piazza Federico II di Svevia.
Le parole del vescovo Satriano
«Nel cuore del Mediterraneo, Bari torna a stringersi attorno a San Nicola come sigillo di unità e profezia di fraternità. La storia ci ha consegnato in custodia la sua vicenda e le sue reliquie non per riporle nella soffitta dei ricordi dimenticati, ma per far risplendere tutta la luce che emanano. La Festa della Traslazione delle ossa del Santo, da Myra alla nostra città, non è soltanto memoria di un evento storico. È un segno vivo, un profumo che torna ad avvolgere le pietre, le vie e i volti del nostro popolo, perché ciò che accadde allora parla ancora al nostro presente. San Nicola, santo dei viandanti e dei naviganti, ha il suo nome scolpito nella memoria di popoli diversi. Bari lo custodisce, ma non lo possiede. È nostro nella misura in cui lo doniamo.
Oggi, siamo invitati ancora una volta a guardare la realtà e ad ascoltare le sue ferite, perché la santità vera è incarnata. Vivere questa bella festa è una chiamata che convoca la coscienza della nostra città, sempre bisognosa di scelte che generino futuro. Quest’anno la Festa della Traslazione si intreccia con i giorni del Conclave, in una trama provvidenziale che rivela la Chiesa come il più grande abbraccio di popoli della storia: non dimentichiamoci di pregare per papa Francesco e per il dono del papa che sarà. Con voi vorrei riflettere su alcuni punti che la vita di Nicola illumina per noi.
Penso ai migranti: presenza che inquieta e insieme provoca. Sono uomini e donne che non fuggono dalla vita, ma la cercano con tenacia. Ci parlano di speranza, quella vera, che si mette in cammino nonostante tutto. Il recente dibattito sullo ius scholae, la condizione dei figli di migranti nati e cresciuti in Italia, tocca il cuore stesso dell’identità civile. Non si tratta solo di giustizia amministrativa, ma di dignità umana. Riconoscere a questi bambini e ragazzi il diritto di appartenere alla comunità, di viverla come casa e di prendersene cura è un passo verso una società più giusta, più vera, più nicolaiana. Come Vescovo, credo che riconoscere la cittadinanza ai figli di migranti nati e formati qui non sia una concessione, ma un atto di giustizia.
Bari, città in cui trova sede uno dei C.A.R.A. presenti in Italia, non può far finta di non vedere ma deve diventare una città dove nessuno è straniero. Dove l’altro non è una minaccia, ma un dono. Dove la differenza non spaventa, ma apre orizzonti. San Nicola ci guida con la forza del dono. Egli attraversa il mare per farsi prossimo. Offre ciò che ha per difendere i più deboli.
Un’altra provocazione ci giunge dai bambini. Ispirati dall’esempio prodigioso di San Nicola, restituiamo loro la vita, aiutiamoli a ricomporre quei sogni di speranza, di solidarietà, di famiglia, che noi adulti con tante controtestimonianze contribuiamo a spezzare.
In un mondo segnato dalla guerra, dalla violenza, dai disastri ambientali, i più piccoli pagano il prezzo più alto. Nella manna che quest’anno San Nicola ci dona non riesco a non vedere le loro lacrime innocenti. Gaza, oggi, è un grido di dolore, è il pianto di bambini che non hanno colpe, eppure perdono casa, affetti, futuro, perdono la vita. Bari non può restare indifferente. Non possiamo vivere la festa con le luci accese e il cuore spento.
E i nostri bambini? A loro dobbiamo ridare fiducia. Rimettere al centro l’educazione, la scuola, la cura dei luoghi dove crescono. Un recente lavoro presso il nostro Ateneo ha chiesto loro come immaginassero la città, la risposta è giunta limpida e chiara, in essi vive un sogno di pace e di accoglienza. Sta a noi non tradirli.
San Nicola, ricordiamolo, si fa garante di giustizia per i bambini, protettore di naviganti, custode dei poveri. È il nostro primo e più illustre “migrante” e noi non saremmo gli stessi senza di lui. È figura di una Chiesa che non si chiude nei recinti dell’identità, ma abita i crocevia della storia, tessendo fraternità. Che la festa del Santo Patrono non sia solo folclore e tradizione, ma vangelo vivo. Le sue reliquie, portate a Bari, siano memoria presente di un Dio che cammina con noi, presenza profetica di vita nuova.
E allora, o felice Bari, città dell’accoglienza e della luce, sii città profezia. Offri al mondo il segno di una comunità che senza paure si apre all’abbraccio del fratello, difende i piccoli, ascolta i poveri e si apre alle nuove generazioni. Sii casa per chi fugge dalla fatica del vivere.
Bari, alza lo sguardo. Il Vangelo ti attraversa. Non temere di essere profezia».
(servizio di G. Amoruso e A. De Giglio)