Ciò che si è consumato durante la sera del 31 dicembre nel teatro Petruzzelli è stato al limite dell’imbarazzo.
Partiamo dall’inizio, il teatro Petruzzelli di Bari è il più prestigioso teatro del capoluogo pugliese e il quarto più grande in Italia. Tanti sono stati i maestri che hanno varcato le porte di questo tempio così illustre: da Pietro Mascagni, che ne diresse un’opera, a Frank Sinatra e Liza Minelli che sono stati i protagonisti di due brillanti concerti. Come dimenticare, poi, il film “Polvere di stelle” di Alberto Sordi. Insomma, una storia fitta di meravigliosi trascorsi che hanno man mano contribuito a creare un’imponente luce su questo meraviglioso spazio diventato una vera e propria istituzione.
Torniamo a oggi e il quesito sorge spontaneo: cosa ha fatto sì che “i piani alti” accettassero di ospitare in un posto così culturalmente elevato l’apoteosi della banalità? Non sto parlando degli artisti che hanno performato (anche se vedere Fabio Rovazzi sbagliare il suo stesso playback è stato piuttosto ilare) e nemmeno del mancato rispetto delle norme anti-Covid, ma dell’immensa noncuranza che si è consumata durante la serata. Dopo diversi artisti che si sono esibiti, alcuni dei quali “scongelati” per fare da tappabuchi ai positivi che non si sono potuti presentare, a concludere la serata ci ha pensato lo staff del “Mamacita”, una serata reggaeton che da parecchi anni registra tutto esaurito in molti club del Nord. Verso le 00:30 l’immagine che si poteva trovare premendo il tasto 5 del telecomando era quella di un teatro ormai semivuoto, con sul palco un corpo di ballo di sette od otto imbarazzati ballerini mezzi nudi e un deejay che freneticamente continuava a mixare canzoni, personaggi palesemente inadatti a un contesto sacrale come quello di un teatro. Qui non si tratta di bigottismo, ma di riguardo verso un luogo che è un pezzo di storia del nostro paese.
Le domande che si potrebbero fare sono tante, in primis: perché il sindaco ha permesso si usasse lo spazio? E ancor di più, con Antonio Decaro presente in sala, le restrizioni sono comunque venute meno: si è ballato, festeggiato e addirittura fatto un trenino lungo tutto il teatro. Qui torna il discorso dell’ossequio, non solo per lo spazio ospitante, ma per tutto un settore ormai al collasso da due anni e che, ancora una volta, si è visto costretto a chiudere i battenti in uno dei periodi più importanti dell’anno. Due pesi e due misure?
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